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IL MISTERO DI ROMA
CAPO VII

GLI ELEMENTI DELL'UNITA'

1. - In virtù del primato il Romano Pontefice possiede piena e suprema potestà di giurisdizione e piena potestà di magistero su tutta la Chiesa.

    È potestà di giurisdizione: non è quindi un semplice primato di onore come affermano gli ortodossi orientali, e neanche un semplice ufficio di ispezione, di direzione o di vigilanza; ma è vera autorità di reggere e governare i fedeli, di promulgare leggi, di giudicare e di punire.

    È potestà ordinaria: ossia, è potestà connessa alla qualità di Pontefice Romano, il quale riceve non dalla Chiesa, ma immediatamente da Cristo la potestà sopra tutta la Chiesa, in virtù del conferimento fatto a Pietro.

    È suprema: ossia, non esiste nella Chiesa una autorità più elevata di essa. È superiore a tutti i vescovi, sia singoli, che radunati in concilio.

    È piena: perché si estende non solo alle materie di fede e di morale, ma anche a quelle che riguardano la disciplina ed il regime, ed abbraccia tutta la Chiesa sparsa nel mondo, ed arriva a tutti i vescovi, sacerdoti e fedeli di qualunque dignità e rito essi siano.

Per questa piena e suprema autorità il Romano Pontefice è salutato dal Concilio Ecumenico Calcedonese(anno 451) Vescovo della Chiesa universale, e da S. Agostino Pastore dei Pastori[1].

2. - Malgrado questa suprema e piena potestà del Romano Pontefice, la Chiesa non forma un impero, specialmente nel senso imperialistico, che si suol dare oggi a questa parola. Il Papa è il Vicario di Cristo, egli non può modificare la costituzione gerarchica, che Cristo ha dato alla sua Chiesa; egli solo la deve custodire e difendere. I vescovi quali successori degli Apostoli sono posti dallo Spirito Santo a reggere la Chiesa di Dio, cioè la loro potestà è di diritto divino; non sono semplici funzionari periferici, delegati del potere centrale, dei quali il Papa possa fame a meno. Però questa loro potestà è limitata territorialmente, e collegata con quella papale, nella quale essa trova la fonte, il principio dell'unità, la scaturigine dell'apostolicità, la saldezza delle istituzioni.

3. - Considerata la somma importanza che riveste il primato pontificio è bene riportare qui un brano della costituzione Pastor Aeternus proposta dal Concilio Vaticano I. «Per disposizione del nostro Signore Gesù Cristo la Chiesa Romana ha il primato del potere ordinario su tutte le altre chiese vescovili. Questo potere di governo del Romano Pontefice è veramente di natura episcopale, e immediato. Ad esso i pastori ed i fedeli d'ogni dignità e rito, tanto singolarmente, quanto nel loro insieme, sono legati dal dovere di subordinazione gerarchica e di vera obbedienza, non solo nelle cose di fede e di costumi, ma anche in quelle che riguardano la disciplina ed il regime della Chiesa dispersa su tutto l'orbe. Così conservando col Papa l'unità di comunione e professando la stessa fede, la Chiesa di Cristo forma un solo gregge sotto un solo Pastore»[2].

4. - Nel primato pontificio, oltre alla suprema potestà di giurisdizione, è inclusa anche la potestà suprema d'insegnamento, dotata del carisma dell'infallibilità. Il Romano Pontefice è il successore di Pietro, e come tale è la pietra fondamentale su cui poggia la Chiesa; è colui che deve pascere tutto il gregge cristiano, colui che deve confermare nella verità i suoi fratelli nell' episcopato. Quindi come ha avuto da Cristo nella persona di Pietro un primato di giurisdizione per reggere e governare la Chiesa, così ha avuto un primato di magistero per insegnare senza possibilità di errori la verità. Se egli potesse errare, verrebbe meno il fondamento della Chiesa, potrebbe condurre il gregge su di un pascolo nocivo, non sarebbe atto a confermare i fratelli. Per questo il Concilio Vaticano I definì come dogma di fede l'infallibilità del Romano Pontefice, quando come Pastore universale insegna ex cathedra una verità che riguarda la fede o la morale.

5. - Innanzi tutto non bisogna confondere l'infallibilità con l'impeccabilità. Anche il Papa, come ogni povero mortale, può peccare. Quando chiamiamo il Papa, Santo Padre, non intendiamo canonizzarlo durante la vita; il culto, che prestiamo al Papa, non è altro che il culto di Gesù Cristo presente in modo particolare nella persona del suo Vicario in terra. L'infallibilità è una prerogativa personale annessa all'ufficio di Supremo Pastore della Chiesa, quando parla ex cathedra.
    Quattro condizioni si richiedono, perché il Papa si consideri parlare ex cathedra:

    Primo, che egli parli come supremo maestro della Chiesa in virtù della sua autorità universale, e non come un privato erudito, che parli, discuta, scriva appoggiato alle proprie personali cognizioni.

    Secondo, che tratti materie che riguardano direttamente la fede e la morale, o verità naturali storiche e filosofiche ad esse connesse.

    Terzo, che egli intenda di pronunziare una sentenza definitiva, con manifesta volontà, che sia da tutti accettata senza alcuna opposizione.

    Quarto, che intenda rivolgersi alla Chiesa universale sicché tutti, fedeli e pastori siano obbligati a sottomettersi.

    Questa prerogativa di infallibilità non importa una diretta ispirazione o rivelazione divina, ma una positiva assistenza dello Spirito Santo, che dirige la mente del Pontefice, affinché attraverso studi, ricerche e consultazioni arrivi a conoscere, senza possibilità di errori, la verità; la quale, una volta da lui definita, rimane irreformabile per se stessa, senza dipendere da consenso previo o susseguente della Chiesa.
    L'oggetto di questo supremo magistero è la rivelazione divina contenuta nella Sacra Scrittura e nella Tradizione. Il compito quindi di esso non è di insegnare verità nuove ed imporre nuovi dogmi, ma di custodire, difendere, chiarire e insegnare le verità da Dio rivelate. È esplicito e reciso il comando di Cristo: «Predicate il vangelo ad ogni creatura, insegnando loro ad osservare tutto quanto vi ho comandato». È dunque il messaggio di Cristo, è il deposito delle verità rivelate da Dio, l'oggetto, la competenza del supremo magistero della Chiesa.
    Questo supremo magistero del Pontefice Romano è stato sempre riconosciuto nella Chiesa. Papa Innocenzo I nell'anno 416, nella lettera di risposta ai vescovi dell'Africa, confermando la condanna, che quelli avevano pronunziata contro gli errori dei pelagiani, ribadiva il principio, che nessuna causa si poteva ritenere chiusa, finché la Sede Apostolica non avesse emanata la sua sentenza.
    A questa lettera del Papa fanno eco le celebri parole, che S. Agostino in questa occasione pronunziò nel sermone 131: «Dalla Sede Apostolica è venuto il rescritto, Roma ha parlato, la causa è finita. Volesse il cielo che finisse anche l'errore».

6. - I protestanti rinnegando il magistero infallibile del Romano Pontefice hanno messo la suprema regola della fede nelle sole divine Scritture, nelle quali ognuno sotto l'influsso dello Spirito Santo trova le verità necessarie alla salute. Ma le divine scritture, compilate in antiche lingue con fraseologie assai differenti dai nostri moderni linguaggi, con sensi profondi e difficili, chi potrà interpretarle con assoluta certezza, da cogliere il vero senso inteso da Dio?
    Numerosi scrittori protestanti arrogandosi la facoltà di interpretare le Scritture secondo personali criteri, hanno composto poderosi commentari sui Vangeli, ma con interpretazioni contraddittorie o differenti gli uni dagli altri. Basti dire che alcuni sono arrivati a negare la divinità di Gesù Cristo; tutti poi la verginità di Maria, la realtà della presenza di Cristo nell'eucaristia, il culto dei Santi, l'esistenza del purgatorio, il numero dei sacra- menti, l'indissolubilità del matrimonio, ecc.; e tutto questo appoggiandosi ai sensi, che ognuno di essi ha preteso di scoprire nei testi scritturistici.

7. - Già S. Pietro ammoniva che la Scrittura non è di privata interpretazione, giacché non per umano volere fu scritta, ma ispirati dallo Spirito Santo parlarono i santi uomini di Dio (cfr. 2Pt 1,20-21). E più sotto lo stesso Pietro parlando delle epistole di S. Paolo dice che «in esse ci sono cose difficili a capire, e che alcuni ignoranti e incostanti uomini le interpretano male a propria perdizione come le altre sacre Scritture» (3,15-16). Perciò S. Agostino giunge a dire: «Non crederei al Vangelo, se non mi ci inducesse l'autorità della Chiesa Cattolica»[3]. Ossia solo per mezzo della Chiesa conosco quali sono le scritture autentiche, e quale il loro senso genuino.

8. - Avendo Cristo intimato: «Predicate il Vangelo a tutte le creature; chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato», è logico che Egli abbia messo a disposizione di tutti, anche dei poveri dei semplici degli illetterati, che costituiscono poi la gran massa del genere umano, un mezzo pronto, facile e sicuro per conoscere i suoi insegnamenti. E questo mezzo è il magistero della Chiesa garantito da l'infallibile autorità del Romano Pontefice; e non già la divina Scrittura.
    Si dirà che gli ignoranti possono rivolgersi ai dotti per essere istruiti nella fede. Si viene adunque a creare un magistero umano, costituito si da se medesimo senza un mandato divino. E chi potrebbe assicurarci della loro competenza? Si dovrebbe dunque negar fede a coloro, a cui Cristo disse: Andate ed istruite le genti, e prestarla invece a coloro, che si sono creati maestri da se stessi, o costituiti da una istituzione umana?
    È dunque la voce dei successori di Pietro, che testifica al mondo la parola genuina di Dio; ed è questo vivo magistero non venuto mai meno e mai caduto in errore, che assicura quella unità perfetta, di cui Cristo ha voluto dotata la sua Chiesa. Ed è in virtù di questa perenne unità, che i cattolici di tutti i secoli e di tutti i continenti professano la stessa fede, partecipano allo stesso culto, osservano le stesse leggi, son soggetti allo stesso regime.
    Come tutto il corpo umano riceve l'influenza dal capo, centro di direzione e di coordinazione, così l'unità di fede, l'unità di culto, l'unità di governo, tutta l'armonia, tutta la bellezza, tutta la fecondità della Chiesa Cattolica provengono da una autorità centrale, il Pontefice romano.
    Con questo istituto mentre Dio porge all'uomo un mezzo facile e sicuro per giungere alla verità, gli dà insieme l'occasione di piegare l'orgoglio dello spirito, ed offrire a Dio l'omaggio d'una mente a lui sottomessa.
    Cade qui opportuna la terzina di Dante:

    «Avete il Novo e 'l Vecchio Testamento,
        e 'l Pastor della Chiesa che vi guida:
        questo vi basti a vostro salvamento».
            (Paradiso V-76).

*****

[1] S. AGOSTINO, Contra duas Epistulas Pelagianorum libri ad Bonifacium quatuol; IV, 12.34.
[2] CONCILIO VATICANO I, Pastor Aeternus, n.3; Denzinger 3060.
[3] «Ego vero Evangelio non crederem, nisi me catholicae Ecclesiae commoveret auctoritas» (S.Agostino, Contra epistulam Manichaei quam vocant fundamenti).


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"E' nello spirito del Movimento rifuggire da ogni deviazione, errore, arbitrarietà, che si distacca dagli insegnamenti del Magistero della Chiesa Cattolica.  Il Movimento Mariano Betania vuole essere e rimanere eminentemente ecclesiale."
(dai Volumi "Gesù e Maria agli uomini d'oggi - pag.7)

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