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DONI GERARCHICI E CARISMATICI NELLA CHIESA
«PER UNA TEOLOGIA DELLE RIVELAZIONI PRIVATE»1
Padre Cornelio Del Zotto (O.F.M.)2
Prefazione e note integrative del Dott.Ing. Giorgio Corvasce3
PREFAZIONE
Le rivelazioni «private» sono una realtà spirituale e teologica che non ha avuto nel Magistero ordinario e straordinario una maturazione organica ed esauriente. Ne consegue che di fronte ad esse i consacrati e i fedeli laici hanno sovente dei problemi e non conoscono quale sia la retta disposizione con la quale vadano accolte.
Il Concilio Vaticano II ha fornito alcuni chiarimenti sul giusto apprezzamento dovuto a queste manifestazioni della grazia di Dio, ma la trattazione delle rivelazioni private appartiene ancora al campo delle opinioni dibattute dai teologi. A conferma di questo basti pensare che le rivelazioni private non sono mai nominate in modo esplicito nella costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione “Dei Verbum” e che due dei pronunciamenti ecclesiastici a cui si rifanno maggiormente i consacrati per spiegare ai fedeli i rudimenti della teologia delle rivelazioni private altro non sono che documenti di valore relativo all'interno del Magistero4:
a) FATIMA E DINTORNI, paragrafo del libro intervista5 di Vittorio Messori al Card. J.Ratzinger intitolato Rapporto sulla Fede, pagg 110-113. Non si tratta di pronunciamenti del Magistero ordinario o straordinario, bensì di risposte a delle domande giornalistiche. Tali argomenti sono piuttosto da considerarsi come opinioni teologiche personali dell'allora Card. Prefetto e, di certo, non vanno annoverate nella dottrina da credere per fede divina, quanto piuttosto fra idee da considerare con fiducia umana.
b) COMMENTO TEOLOGICO del Card. J.Ratzinger alla presentazione del Terzo Segreto di Fatima (anno 2000). Si tratta di una trattazione divulgativa, un commento appunto, che contiene tra l'altro un tentativo di interpretazione, quindi nulla di impegnativo da un punto di vista dogmatico o dottrinale.
Queste opinioni sono addirittura prese a riferimento in successivi pronunciamenti del Magistero, come il N° 14 dell'esortazione post-sinodale Verbum Domini di Benedetto XVI (cfr nota 46), di conseguenza rimane indeterminato il grado di certezza teologica da attribuire anche ad essi.
Rimanendo alle fonti sicure della dottrina6, il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica alle rivelazioni private un solo paragrafo (il n.67), di difficilissima interpretazione, mentre accenna alle visioni ed alle rivelazioni al n.65 con un brano di S. Giovanni della Croce (“Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio”). Questa frase, estrapolata dal suo contesto, sembra piuttosto metterne in discussione l'esistenza, mentre lo stesso S. Giovanni della Croce, nel medesimo documento afferma: «devo ora trattare del secondo genere di conoscenze spirituali, che ho chiamato rivelazioni. Esse appartengono, precisamente, allo spirito di profezia. A proposito di questo argomento, prima d’ogni cosa è opportuno sapere che la rivelazione non è altro che la manifestazione di qualche verità nascosta o di qualche segreto o mistero. Così, ad esempio, Dio fa comprendere all’anima una cosa spiegandone all’intelletto la verità, o le svela qualcosa che egli ha fatto, fa o pensa di fare» (Salita del Monte Carmelo, Libro II, Cap. 25). Dunque chi nega la possibilità di rivelazioni e contesta che esse possano avvenire anche dopo il tempo degli apostoli, si oppone ad una dottrina teologicamente sicura.7
A completare un quadro decisamente sconfortante c'è anche il nome “rivelazioni private”, il quale è esso stesso fonte di dubbi e misinterpretazioni, richiamando forzatamente ed impropriamente ad una contrapposizione con la Rivelazione Pubblica. Il Concilio di Trento, nel decreto dogmatico sulla giustificazione, preferisce chiamarle “rivelazioni speciali” (Denzinger, Enchiridion Symbolorum n.1540 e n.15668), mentre negli atti preparatori del Concilio e da alcuni teologi sono anche chiamate “rivelazioni particolari”.
Paolo VI, durante l'udienza generale del 16 ottobre 1974, sottolineava la necessità degli interventi divini: «Ma ciò che ora preme affermare è la necessità della grazia, cioè d’un intervento divino, eccedente l’ordine naturale, tanto per la nostra salvezza personale, quanto per il compimento del piano della redenzione a favore di tutta la Chiesa e dell’umanità intera che la misericordia di Dio chiama a salvamento (1Tim 2, 4). [...] La necessità della grazia suppone un bisogno imprescindibile da parte dell’uomo; il bisogno che il prodigio della Pentecoste abbia a continuare nella storia della Chiesa e del mondo; e ciò nella duplice forma, con cui il dono dello Spirito Santo è elargito agli uomini, per santificarli dapprima (grazia gratum faciens), e per arricchirli di prerogative speciali, che chiamiamo carismi (grazie gratis datae), in ordine al bene del prossimo e specialmente della comunità dei fedeli (Cfr. S. TH. I-IIæ, 111, 4)».
Papa Francesco, nel discorso di apertura della Plenaria 2016 della Conferenza Episcopale Italiana (16-19 maggio), facendo riferimento alla Pentecoste appena celebrata la domenica 15 maggio, ha affermato: « Lo Spirito Santo rimane, infatti, il protagonista della storia della Chiesa: è lo Spirito che abita in pienezza nella persona di Gesù e ci introduce nel mistero del Dio vivente; è lo Spirito che ha animato la risposta generosa della Vergine Madre e dei Santi; è lo Spirito che opera nei credenti e negli uomini di pace, e suscita la generosa disponibilità e la gioia evangelizzatrice di tanti sacerdoti. Senza lo Spirito Santo, lo sappiamo, non esiste possibilità di vita buona, né di riforma. Preghiamo e impegniamoci a custodire la sua forza, affinché “il mondo del nostro tempo possa ricevere la Buona Novella [...] da ministri del Vangelo, la cui vita irradi fervore”9 ».
È in tale contesto della utilità ma soprattutto della necessità dei carismi, in particolare quello profetico, che devono essere considerate le “rivelazioni private” come realtà ecclesiale e teologica10.
Sempre Papa Francesco, nella meditazione mattutina del 30 maggio 2016, ha ricordato l'ammonimento rivolto da Gesù al popolo ed ai capi di Israele. Gesù dice loro che hanno ucciso i profeti, perché i profeti ingombrano, i profeti sempre ci dicono quello che noi non vogliamo sentire. E così Daniele a Babilonia si lamenta: “Noi, oggi, non abbiamo profeti!”. Parole in cui è racchiusa la realtà di un popolo senza profeti che indichino loro la via e ricordino loro: il profeta è quello che prende la memoria e fa andare avanti. Ecco perché Gesù dice ai capi del popolo: “Voi avete perso la memoria e non avete profeti. Anzi: quando sono venuti i profeti, voi li avete uccisi!”. Del resto, l’atteggiamento dei capi del popolo era evidente: “Noi non abbiamo bisogno dei profeti, noi siamo noi!”. Ma senza memoria e senza profeti — ha ammonito Papa Francesco — diviene un popolo senza speranza, un popolo senza orizzonti, un popolo chiuso in se stesso che non si apre alle promesse di Dio, che non aspetta le promesse di Dio.
Certo che ai tempi di oggi il profeta non viene più ucciso. Frequentemente però viene soffocato il suo messaggio. L'inerzia e la reticenza della gerarchia nell'esaminare e nel diffondere le rivelazioni private può sconfinare dal campo lecito della prudenza a quello illecito e colpevole della diffidenza. L'assenza di conferme e di condanne sull'autenticità dei carismi, che di fatto è un ostacolo posto dalla gerarchia alla libera iniziativa divina, spesso implica che i fedeli siano abbandonati a loro stessi e percorrino privi di guida strade tortuose o pericolose. Viceversa la Chiesa deve obbligatoriamente accogliere la luce divina se vuole essere a sua volta luce per il mondo.
Se i grandi della Chiesa si ostinano a fare resistenza ai continui inviti di Dio bisogna che si sottomettano alle terribili conseguenze11. Le parole divine delle rivelazioni private quando accennano alla assoluta necessità che vengano accolti questi doni di Dio sono quanto mai severe ed incisive.
Nel messaggio di Fatima, Maria Santissima rivolge ai pastorelli queste parole (dai manoscritti originali di Suor Lucia, IV memoria): «...Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato, se faranno quel che vi dirò molte anime si salveranno e avranno pace (la guerra sta per finire) ma se non smetteranno di offendere Dio, durante il Pontificato di Pio XI ne comincerà un'altra peggiore». Si comprende bene come le offese a Dio di cui parla la Madonna siano costituite principalmente dal non fare ciò che il Cielo chiede nelle rivelazioni private. Il rifiuto di obbedire alla rivelazione fatta a Suor Lucia il 13 giugno 1929 sembra dunque essere addirittura la causa della seconda guerra mondiale.
Il 15 agosto 1949 la Vergine della Rivelazione ammonisce: «Figlioli! Ascoltate il richiamo che il mio cuore materno vi rivolge! Perché non vi allontanate dal peccato? Il quale vi condurrà, se persevererete in esso, nel più atroce degli smarrimenti, che vi saranno causa di dolori atroci, e tali dolori, se non mi ascoltate, vi dilanieranno il cuore. Ciò accadrà specie a coloro che in questi tempi colmi di peccato vi nascondono i miei richiami, nel tempo moderno colmo di falsità; certamente cadrà sopra d'essi il male, il male provocato e procurato da loro stessi per aver tenute celate le cose di Dio, per il richiamo del popolo peccatore. Si ricordino che Iddio terrà nascosta da loro la sua Santa Faccia».
Tramite la mistica Gianna Gelfusa, Gesù nel messaggio del 13 ottobre 1971 ha detto: «Ciò che dall'alto si scarta, dal basso si raccoglie; io darò sempre fin che troverò chi saprà raccogliere ciò che io do. Figli miei, sono con quelli che prendono ciò che io do. Mi allontano da quelli che non prendono. “Pietro, se non ti lasci lavare, non avrai il posto che ti ho offerto. Non puoi essere mio discepolo, se non ti lasci lavare i piedi”. Oggi devo ripetere le stesse parole.“Se non ti lasci riempire il cuore in tutti i modi che io ti offro, non puoi essere mio discepolo, anche se ti lascio dare dell'eccellenza. Verità io sono, via e vita”» (Volume ai Vescovi, N° 4, pubblicato con Nulla Osta ed Imprimatur).
Affrontiamo dunque la teologia delle rivelazioni speciali con questo spirito nel cuore.
Il presente articolo è una riduzione divulgativa, ma fedele, di un lavoro di Padre Cornelio Maria Del Zotto, «Per una teologia delle rivelazioni private», disponibile per esteso in Antonianum, (1989) Vol. 64, n°2-3, pp. 308-329. Gli omissis sono indicati tra parentesi quadre [...]. La scelta di evidenziare in grassetto alcune espressioni nel corpo dell'articolo è nostra. Le note sono in parte dell'autore ed in parte nostre (contraddistinte dalla R significante del redattore).
Dott. Ing. Giorgio Corvasce
I. Il carisma profetico nel contesto dei doni dello Spirito Santo
Per ben comprendere il senso e il valore delle rivelazioni private bisogna considerarle nel contesto, loro proprio, della multiforme operazione dello Spirito Santo. Come scrive il Concilio, « lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio [...]. Egli introduce la Chiesa in tutta intera la verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la edifica e la dirige con i diversi doni gerarchici e carismatici, la arricchisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo mantiene la Chiesa continuamente giovane, costantemente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo »12;13. [...]
La Chiesa, « a Spiritu Sancto edocta », ammaestrata dallo Spirito Santo, vive di quella «memoria»14;15;16, che acquista nel dono della profezia la sua massima evidenza di rivelazione del senso delle Scritture e la introduce nella piena conoscenza della verità (cfr. Gv 16,13; Ef 2,19-22; Rm 12,6-16; 1Cor 12,7-11; 14,1-5)17. Il carisma profetico, infatti, viene partecipato al singolo per l'edificazione comune, « poiché chi profetizza edifica la Chiesa di Dio » (1 Cor 14,5) 18. I fedeli sono, infatti « edificati sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti e avendo come pietra angolare lo stesso Gesù Cristo » (Ef 2,20). Mediante l'opera continua dello Spirito Santo che partecipa i suoi doni « a ciascuno per l'utilità comune » (1Cor 12,11) essi continuano a venire « edificati (insieme) per divenire dimora di Dio per mezzo dello Spirito » (Ef 2,21). [...]
« La Chiesa, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa giungano a compimento le parole di Dio »19.
« E' in tale contesto che dev'essere situata e considerata come realtà teologica ed ecclesiale ogni rivelazione privata. Il dono gratuito dello Spirito, come ufficio e missione nella Chiesa e per la Chiesa, è per sua natura profetico... Questo elemento carismatico e profetico nella Chiesa serve alla continuamente nuova attualizzazione del messaggio di Gesù Cristo nelle varie situazioni »20. [...]
Citando in parte (il) testo della Lumen Gentium21, il Decreto Ad Gentes premette un'espressione di straordinaria importanza: « per tutti i tempi » e vi aggiunge un complemento parimenti importante: « tutta la Chiesa »22;23.
Ciò significa che lo Spirito Santo continua ad ammaestrare la Chiesa, fornendola dei doni sia carismatici che gerarchici, che egli mantiene sempre vivi in essa, rivelando la sua opera in ambedue. Il Concilio presenta così in una visione dinamica i doni gerarchici e carismatici, che agiscono in forma armonica e complementare, in virtù della presenza dello stesso Spirito che li anima. Nel Decreto Ad Gentes c'è un'altra precisazione che tende a mettere in luce e situare nella loro giusta dimensione i doni carismatici, tra i quali si trova il carisma profetico che stiamo trattando: « Talvolta anzi previene visibilmente l'azione apostolica (cfr. At 10,44-47; 11,15; 15,8)24, come incessantemente in vari modi l'accompagna e dirige » (cfr. At.4,7-8; 5,32; 8,26.29-30; 9,31; l0; 11,24-28; 13,2.4.9; 16,6-7; 20,22-23; 21,11, ecc.)25;26. Si tratta quindi di un'azione concordata dallo Spirito Santo, che talvolta si rivela apertamente nei fedeli prima di venire percepita e valorizzata dalla Gerarchia. Questo presuppone che l'impulso dello Spirito metta in luce qualcosa di nuovo della verità27, che viene poi sottoposto al vaglio della Gerarchia per verificarne la veridicità e il valore per la Chiesa, « lo Spirito, infatti, scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio » (1Cor 2,10).
Questo anticipo di illuminazione della verità designa evidentemente l'azione profetica nella Chiesa, essendo essa « fondata » sul dono profetico come lo è su quello gerarchico (cfr. Ef 2,20). Allora bisogna tenere sempre conto dell'azione profetica nella Chiesa e prendere atto che, mediante l'esercizio di tale dono, viene promossa nella Chiesa la conoscenza della verità e favorito il raggiungimento della salvezza fino al conseguimento della perfezione della santità. Parlando di Profeti si devono intendere non solamente quelli dell'Antico Testamento, ma anche quelli del Nuovo, che non potranno mai mancare alla Chiesa, facendo essi parte del suo divino fondamento (cfr. Ef 2,20), poiché essa è « edificata sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti » (Ef 2,20). « Il popolo santo di Dio partecipa pure alla funzione profetica di Cristo »28, il cui esercizio nella Chiesa si ha «Spiritu Sancto operante», per mozione dello Spirito Santo, sia nei pastori che nei fedeli, in tutte le fasi di sviluppo fino alla perfezione della santità29. Non c'è, quindi, concorrenza né opposizione tra i doni gerarchici e carismatici, ma complementarietà e armonica cooperazione.
II. La prassi del magistero ordinario del Romano Pontefice
Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha ribadito più volte l'insegnamento del Concilio, indicando la sua dottrina sui carismi nella Chiesa come norma di giudizio e di comportamento sia per i Pastori che per i fedeli. [...] « Seguendo la guida dello Spirito di verità e rendendo testimonianza insieme con lui, il Concilio ha dato una speciale conferma della presenza dello Spirito Santo Consolatore. In certo senso l'ha reso nuovamente “presente” nella nostra difficile epoca »30. Il Papa ne ricorda la necessità nella Chiesa per la realizzazione e il compimento della salvezza. « Ciò che nella “pienezza del tempo” (Gal 4,4) si è compiuto per opera dello Spirito Santo; solo per opera sua può ora emergere dalla memoria della Chiesa»31. « Lo Spirito Santo sarà il consolatore degli Apostoli e della Chiesa, sempre presente in mezzo a loro - anche se invisibile - come maestro della medesima Buona Novella che Cristo annunciò. Quell' “insegnerà” e “ricorderà” significa non solo che egli, nel modo a lui proprio, continuerà ad ispirare la divulgazione del Vangelo di salvezza, ma anche che aiuterà a comprendere il giusto significato del contenuto del messaggio di Cristo; che ne assicurerà la continuità ed identità di comprensione in mezzo alle mutevoli condizioni e circostanze »32;33.
Ho riportato questi testi del Magistero del Romano Pontefice per testimoniare all'evidenza il vigore normativo della dottrina del Concilio sulla presenza e sulla promozione dei carismi nella Chiesa.
Sulla stessa linea si muovono i migliori commentatori dei testi conciliari.
Nel suo studio « Lo Spirito Santo nei testi del Vaticano II » H. Cazelles, dopo aver ricordato l'azione dello Spirito Santo nei Vescovi, richiama la sua presenza nei Sacerdoti, i quali devono essere “docibiles” ossia “lasciarsi ammaestrare dallo Spirito di Cristo che li vivifica e li guida” »34. Cita poi il testo di Apostolicam Actuositatem, 3: « Per l'esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo che già santifica il popolo di Dio per mezzo del ministero e dei sacramenti, elargisce ai fedeli anche dei doni particolari (1 Cor 12,7) “distribuendoli a ciascuno come vuole” (1Cor 12,11), affinché mettendo “ciascuno a servizio degli altri il suo dono al fine per cui l'ha ricevuto, contribuiscano anch'essi come buoni dispensatori delle diverse grazie ricevute da Dio” (1Pt 4,10) alla edificazione di tutto il corpo nella carità (cfr. Ef 4,16) »35. Il testo conciliare36, che l'Autore continua a citare, mette in evidenza l'obbligo di chi ha ricevuto il dono e insieme il diritto di esercitarlo nella Chiesa e ricorda, a quanti hanno il compito di giudicare sulla loro genuinità ed uso ordinato, di esaminare tutto e di ritenere ciò che è buono: « Dall'aver ricevuto questi carismi, anche i più semplici, sorge per ogni credente il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e a edificazione della Chiesa, sia nella Chiesa stessa che nel mondo con la libertà dello Spirito, il quale «spira dove vuole » (Gv 3,8) e al tempo stesso nella comunione con i fratelli in Cristo, soprattutto con i propri pastori, che hanno il compito di giudicare sulla loro genuinità e uso ordinato, non certo per estinguere lo Spirito, ma per esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cfr. 1 Ts 5,12.19-21)». L'Autore riporta pure il testo di Ad Gentes, 4, da noi già citato, per ricordare l'impulso rinnovatore dello Spirito, che « talvolta previene l'azione apostolica »37. Riguardo all'influsso dello Spirito Santo per la conoscenza sempre più profonda della verità sono conservate nella Chiesa grazie allo Spirito Santo, ma aggiunge che la Chiesa può avere di giorno in giorno un'intelligenza più profonda delle Scritture38 in quanto è “istruita” dallo Spirito Santo »39.
A.M. Charue nel suo studio su « Lo Spirito Santo nella "Lumen Gentium" » accentua l'insegnamento del n.12: « L'universalità dei fedeli che tengono l'unzione dello Spirito Santo (cfr. 1Gv 2,20.27) non può sbagliarsi nel credere »40. Il sensus fidelium viene garantito dallo Spirito Santo che rende indefettibile la Chiesa « dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici »41.
Il Philips è ancora più esplicito nel suo commento al n. 12 della Costituzione sulla Chiesa: « È da deplorare che delle manifestazioni dello Spirito si sia data un'interpretazione troppo restrittiva, che lascia in ombra una parte della verità rivelata. [...] I servizi gerarchici e i doni puramente carismatici si completano reciprocamente... Il carisma ha più i segni dell' “événement” (dell'avvenimento) che della “istituzione”; sotto l'influsso dello Spirito Santo rianima vigorosamente la vita della comunità... Nell'esercizio di questa supervisione (sull'autenticità dei fenomeni), la gerarchia non pretende di elevarsi al di sopra dello Spirito, come per citarlo davanti al suo tribunale. Ma il rispetto dello Spirito Santo implica il dovere di esaminare se ci troviamo realmente davanti a una sua manifestazione »42 Lo stesso Autore sottolinea il fatto che tra i carismi vengono sempre ricordati i « profeti ». [...] Egli indica pure l'atteggiamento rispondente della autorità competente a dare il giudizio. Essa deve attenersi a un duplice principio: « Non spegnete lo Spirito per pusillanimità, ansietà o preferenza di un calcolo umano, quanto ai doni profetici, “esaminate tutto; quello che è buono, tenetelo” (1 Ts 5,19-21) ».43 La conclusione del Philips può venire assunta come stimolo per quanti sono chiamati a scoprire, promuovere, giudicare i carismi nella Chiesa: «È persino più importante captare le manifestazioni dello Spirito Santo che analizzare i segni dei tempi, salvo riconoscere che lo Spirito Santo può irrompere proprio attraverso le circostanze e grazie alla testimonianza e all'opera dei semplici fedeli. [...] In questo paragrafo il Concilio ha contribuito ad esplicitare la teologia dello Spirito Santo; ma anche a sviluppare nei fedeli una disponibilità elastica verso lo Spirito, per la manifestazione vitale della Chiesa »44.
III. Disposizioni personali di fronte alle rivelazioni private
Concludendo l'Enciclica «Dominum et vivificantem», il Papa Giovanni Paolo II fa appello alla responsabilità personale di ciascuno di fronte alla venuta dello Spirito Santo: « La via della Chiesa passa attraverso il cuore dell'uomo, perché è qui il luogo recondito dell'incontro salvifico con lo Spirito Santo, col Dio nascosto, e proprio qui lo Spirito diventa “sorgente di acqua viva, che zampilla fino alla vita eterna” (cfr. Gv 4,14) ». « A lui, come a Paraclito, a Spirito di verità e di amore, si rivolge l'uomo che vive di verità e di amore e che senza la fonte della verità e dell'amore non può vivere. A lui si rivolge la Chiesa, che è il cuore dell'umanità, per invocare per tutti e a tutti dispensare quei doni dell'amore, che per mezzo suo "è stato riversato nei nostri cuori" (cfr. Rm 5,5) ».
L'uomo «Vive di verità e di amore», è fatto per conoscere la verità: il vero scopo della sua vita è la conoscenza della verità: « Questa è la vita eterna: conoscere te, il solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo » (Gv 17,3). S'intende la verità nel senso più ampio della parola. Ma nel complesso delle verità, quella soprannaturale è la meta definitiva dell'uomo. Questa, però, ci viene partecipata per rivelazione. La rivelazione si fonda su due fattori fondamentali: a) Dio che si rivela e si rivolge con benevolenza verso l'uomo; b) l'uomo, che accoglie con fede questa verità e la comprende con amore.
La disposizione fondamentale dell'uomo dev'essere, quindi, quella di riconoscere la verità sempre e dovunque essa si manifesti: si tratta di un'apertura totale di fronte a Dio e a quanto proviene da Lui45. Ogni rivelazione esige che le si presti fede nella misura in cui essa si dimostra vera. Per conseguenza chiudersi alla verità costituisce peccato. Quando è accertata l'autenticità di una rivelazione, il suo rifiuto equivale a contraddire alla verità stessa e quindi a mancanza di fede. Si tratta in principio sempre di quella disposizione che può portare alla completa perdita della fede e che «rende Iddio menzognero». Se poi si rifiutano senza alcun motivo le prove che garantiscono la verità del fatto, si incorre nel peccato contro lo Spirito Santo46.
L'apertura completa alla verità, di qualunque genere essa sia, è l'atteggiamento fondamentale che deve avere ogni autentico cristiano. Tale apertura riguarda sia la rivelazione di Dio contenuta nella Rivelazione pubblica, che qualsiasi altra rivelazione «privata», che proviene essa pure da Dio. Il singolo che si trova di fronte a prove evidenti dell'autenticità, o che è l'unico destinatario delle rivelazioni «private» è tenuto in coscienza a riconoscere e ad accettare anche le rivelazioni « private »47. Questo avviene in analogia con la rivelazione in genere, come afferma la Dei Verbum, 5: « A Dio che rivela è dovuta l'obbedienza della fede (cfr. Rm 16,26; rif. Rm 16,26; rif. Rm 1,5; 2Cor 10,5-6), con la quale l'uomo si abbandona a Dio tutt'intero liberamente, prestandogli il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà e acconsentendo volontariamente alla rivelazione data da lui »48.
Quindi, nel momento in cui è comprovata da sufficienti argomenti la credibilità e credendità di una rivelazione « privata » c'è l'obbligo di credervi.
IV. Superamento delle difficoltà psicologiche e di fede per una accoglienza della verità con amore
« Perché si possa prestare questa fede, sono necessari la grazia di Dio che previene e soccorre e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi dello spirito e dia “a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità”. Affinché poi l' intelligenza della Rivelazione diventi sempre più profonda, lo stesso Spirito Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni »49.
Tuttavia [...] dal punto di vista della fede vi sono delle difficoltà, che potremmo chiamare di carattere ecclesiologico. Si riscontra una diversità immensa tra la rivelazione ufficiale con tutto il peso della Chiesa, della Tradizione ecclesiastica e della Sacra Scrittura e quella di una singola persona. Questo può indurre erroneamente alcuni spiriti superficiali a formarsi un giudizio di un diverso grado di valutazione della verità e del carattere di obbligatorietà delle due forme di rivelazione ricordate.
L'immediatezza del carattere soprannaturale della rivelazione con la concretezza del richiamo diretto sembra presentarsi in una rivelazione privata al singolo fedele in forma più radicale che nella rivelazione pubblica alla quale ci si è ormai abituati.
La reazione del singolo di fronte al fenomeno soprannaturale della rivelazione è determinato da tutta la sua vita precedente: tutte le sue decisioni precedenti e il suo comportamento religioso hanno preparato uno stato d'animo che influisce su tutte le sue decisioni, che anzi in esse si manifesta. Questo vale pure quando si tratta di rivelazioni « private ». In particolar modo questo vale quando si tratta di accettare o di rifiutare una rivelazione « privata », della quale è ben comprovata la autenticità.50
Il punto a cui ogni rivelazione fa riferimento nella struttura complessiva della persona è la docilitas, la disponibilità a lasciarsi ammaestrare da Dio, confrontandosi con le esigenze della verità.51 La misura della disponibilità ad accogliere le rivelazioni « private » è questa docilitas, che a sua volta ha il suo fondamento nell'umiltà, come apertura totale alla pura verità dell'amore, che traspare dai segni, che velatamente la rivelano52.
Chi rifiuta per principio tutte le rivelazioni «private» deve, quindi, chiedersi se possiede veramente la docilitas di fronte alla rivelazione pubblica ossia fino a che punto il Kerigma di Gesù Cristo ha trovato accoglienza in lui. Chi rifiuta per principio tutte le rivelazioni «private» deve pure chiedersi se non si trovi in conflitto con lo Spirito Santo [...]. Si tratta di una chiusura pericolosa che può portare al peccato contro lo Spirito Santo. «La Chiesa implora che il pericoloso peccato contro lo Spirito Santo lasci il posto ad una santa disponibilità ad accettare la sua missione di Consolatore, quando Egli viene per convincere il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio»53 [...].
La disponibilità all'accoglienza dei fenomeni soprannaturali come le rivelazioni «private» fa appello alla fondamentale struttura dell'uomo che è fatto per la verità, che tende ad accoglierla con intelligenza ed amore. [...]. L'accoglienza gioiosa di tutto ciò che proviene da Dio sta alla base di questo atteggiamento, ossia un vero amore verso Dio. Bisogna, quindi, evitare qualsiasi discriminazione e mettersi nello stesso atteggiamento di fede e di amore per le realtà soprannaturali.
Sotto questo punto di vista il rifiuto radicale di qualsiasi rivelazione «privata», degna di fede, si presenta come una mancanza di amore e di gioia per le realtà soprannaturali [...].
Dalla disposizione dell'uomo alla conoscenza della verità e dalla sua capacità di accoglierla con amore nasce in lui anche l'obbligo di prendersi a cuore le rivelazioni «private», dovunque esse si manifestino e di formarsi, nei limiti del possibile, un giudizio sicuro sulla loro autenticità e di assumere un atteggiamento rispondente alla conoscenza acquisita. In questa preoccupazione per la verità ognuno deve anche utilizzare tutti i mezzi necessari per una chiarificazione della medesima, ossia: preghiera, conoscenza diretta degli avvenimenti, confronto con le verità della Chiesa, richiesta di consiglio agli esperti, attenta e prolungata osservazione dei fatti, ecc.
L'opinione, che si incontra assai spesso, che una rivelazione «privata» sia talmente privata da non possedere nessun carattere di obbligatorietà, è semplicemente falsa54. Il termine «privato» si riferisce esclusivamente alla forma e al modo in cui avviene questa rivelazione in vista di una chiarificazione successiva.55 [...] Questo non significa affatto che esse debbano essere limitate ai singoli, senza che tutta la Chiesa «ne riceva edificazione» (1 Cor 14,5). Come operazioni dello Spirito Santo sono un dono fatto alla Chiesa e devono trovare in essa la loro piena valutazione.
V. Il discernimento e la promozione del carisma profetico che si manifesta mediante le rivelazioni «private»
Spetta al Magistero esaminare, discernere, approvare e promuovere lo sviluppo del dono profetico nella Chiesa. Il giudizio si fonda sul presupposto, già più volte ricordato nei documenti conciliari, che lo Spirito Santo continuamente arricchisce la Chiesa di doni carismatici e profetici. Bisogna, quindi, che « quelli che presiedono nella Chiesa » vi dedichino con oculata prudenza il loro ministero di valutazione e di giudizio: « Il giudizio sulla loro genuinità e sul loro esercizio ordinato appartiene a quelli che presiedono nella Chiesa, ai quali spetta specialmente, non di estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cfr. 2 Ts 5,12 e 19-21) »56. [...]
Nel contesto dell'esercizio del carisma profetico si inserisce il discorso sulle rivelazioni « private ». Queste vengono denominate così in rapporto alla rivelazione pubblica realizzata pienamente da Gesù Cristo e trasmessa a noi « dagli Apostoli e da uomini della loro cerchia »57. [...]
«La Chiesa, cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa giungano a compimento le parole di Dio... Così Dio, il quale ha parlato in passato, non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio diletto, , e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce del Vangelo risuona nella Chiesa, e per mezzo di questa nel mondo, introduce i credenti a tutta intera !a verità (cfr. Gv 16,13) e fa risiedere in essi abbondantemente la parola di Cristo (cfr. Col 3,16)... Questa tradizione, che trae origine dagli Apostoli, progredisce nella Chiesa sotto l'assistenza dello Spirito Santo »58. Anche le rivelazioni « private » contribuiscono a questo «progresso» nella conoscenza della verità, nella misura che potrà essere verificata da « quelli che presiedono nella Chiesa »59. Certo, non si possono ridurre le rivelazioni« private » al singolo che ne è stato destinatario principale, né al piccolo cerchio dei primi conoscitori di quella manifestazione dello Spirito nella Chiesa, perché esse sono un dono dello Spirito, che anche in tal modo continua a vivificare e ad ammaestrare la Chiesa; dono vero, che « i presbiteri... devono ammettere con gioia e fomentare con diligenza»60 e che i Vescovi devono sottoporre al loro illuminato giudizio61.
Questo risulta chiaramente da una comprensione più approfondita del testo conciliare più significativo sul discernimento dei carismi nella Chiesa, il n. 12 della Costituzione Dommatica sulla Chiesa « Lumen Gentium ».
« La prima frase del capoverso precisa che non si tratta né di sacramenti né di ministeri né di virtù, ma di ''grazie speciali'' che lo Spirito Santo accorda del tutto liberamente in vista del bene della comunità. Chiunque può esserne gratificato, sia egli sacerdote o religioso o laico, dotto o analfabeta, perché lo Spirito lo conferisce a chi vuole per renderlo atto e pronto ad intraprendere un'opera importante per il rinnovamento e l'edificazione più avanzata della Chiesa. Il carisma (profetico) presenta dunque in generale un vantaggio nuovo, inatteso e benefico per tutta la Chiesa; non sarebbe affatto difficile scoprire, in ciascun secolo di storia della Chiesa, uomini ispirati dallo Spirito senza essere necessariamente impegnati nei ministeri; anche al di fuori di questo vi sono persone che ricevono doni preziosi per il bene dei loro fratelli. Nella Sacra Scrittura, il carisma (compreso quello profetico) è un dono della benevolenza di Dio, che arricchisce non solo il soggetto che lo riceve, ma tutta la comunità dei fedeli »62.
Come il carisma profetico in generale, anche le singole rivelazioni, che vengono concesse ai singoli fedeli per l'edificazione della Chiesa, secondo la natura stessa della profezia (cfr. Ef 2,19-22), devono essere considerate come un dono della benevolenza di Dio, il quale intende arricchire in esso non solo il soggetto che lo riceve, ma tutta la comunità ecclesiale. Così anche le rivelazioni «private» contribuiscono all'accrescimento della conoscenza della verità e al suo continuo sviluppo nella Chiesa. Il loro scopo è sia di stimolo per accentuare un aspetto caratteristico della verità già conosciuta, sia di nuovo impulso che ne approfondisca il significato e metta in evidenza un aspetto nuovo, non presente nella formulazione iniziale e nella comune comprensione della Chiesa.63
Karl Rahner, non esita ad ammettere che le rivelazioni« private » possano anche offrire « qualcosa di nuovo »64. E' così che talvolta le rivelazioni« private» contribuiscono a scoprire un nuovo aspetto della verità rivelata o a introdurre nella Chiesa un nuovo sentimento di devozione o a suscitare nuove pratiche dì devozione, come ad es. la rivelazione privata fatta da Gesù a S. Margherita Alacoque ha contribuito a diffondere la devozione e a introdurre la festa del Sacro Cuore di Gesù nella Chiesa65. [...]
Tale dispiegamento del senso di una verità rivelata corrisponde ad un processo di rivelazione operata dallo Spirito Santo nella Chiesa, mediante il carisma profetico di alcuni suoi membri. La realtà di questo accrescimento diventa un fatto dogmatico e arricchisce il patrimonio della verità che alimenta la vita della Chiesa.
Il Magistero esercita il suo ministero di discernimento e di giudizio in senso negativo, quando afferma che una rivelazione o un particolare insegnamento desunto da una rivelazione « privata » non contraddice alla verità rivelata. Perché nel caso che contraddicesse al deposito rivelato non sarebbe autentica e quindi non sarebbe degna di fede. Esercita il suo ministero pure in senso positivo, permettendo che vengano realizzati nella Chiesa i nuovi impulsi di rinnovamento, proposti mediante tale rivelazione[...].
Quando una rivelazione privata viene riconosciuta dal Magistero della Chiesa, allora i fedeli devono aderirvi con ossequio dì obbedienza al Magistero stesso. Se poi la rivelazione fosse convalidata da evidenti miracoli, che confermano la soprannaturalità del fenomeno rivelatore e quindi testimoniano che si tratta dì un intervento diretto di Dio, mediante lo Spirito Santo che opera nella Chiesa, allora essi sono tenuti ad aderirvi non solo per obbedienza dovuta al Magistero, ma per fede divina66.
Rimane ancora da precisare il limite del Magistero, che ha solo il compito di « guida», dato che il « sensus fidei » e l'operazione profetica vengono suscitati e attivati dallo Spirito Santo (« excitatur et sustentatur a Spiritu veritatis ») e si realizzano « sub ductu sacri Magisterii »67. Non si deve quindi dimenticare che il popolo di Dio non è solo passivo, ma sostiene la Chiesa, partecipando al triplice munus sacerdotale profetico e regale di Cristo, godendo della infallibilità « in credendo » e contribuendo efficacemente affinché la Chiesa giunga alla piena conoscenza della verità (cfr. Gv 16,13), poiché « dall'aver ricevuto questi carismi, anche i più semplici, sorge per ogni credente il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e per l'edificazione della Chiesa, nella Chiesa e nel mondo con la libertà dello Spirito Santo, il quale « spira dove vuole (Gv 3.8), e al tempo stesso nella comunione con i fratelli in Cristo, soprattutto con i propri pastori, che hanno il compito di giudicare sulla loro genuina natura e sul loro uso ordinato, non certo per estinguere lo Spirito, ma per esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (l Ts 5,12.19-21) »68.
VI. Indicazioni conclusive
Alla luce dell'insegnamento del Concilio, del Magistero ordinario della Chiesa e delle riflessioni dei teologi sì possono trarre le seguenti conclusioni:
1. Una rivelazione può contenere qualcosa di nuovo, da determinarsi nel contesto del carisma profetico operante nella Chiesa sotto la guida del Magistero:
a) sia perché contribuisce a rendere evidente e operante nella Chiesa una verità implicitamente contenuta nel deposito rivelato;
b) sia delineando con maggior chiarezza e precisando nei dettagli le realtà soprannaturali che sono oggetto di fede rivelata, in virtù del carisma profetico che tende proprio ad edificare la Chiesa mediante l'ammaestramento continuo dello Spirito Santo.69
2. Il Magistero della Chiesa svolge in merito un duplice compito:
a) innanzitutto è norma negativa nel senso che dichiara che la rivelazione « privata » non contraddice alla verità rivelata e alle definizioni del M.agistero (nel caso che vì contraddicesse, sarebbe evidente che tali rivelazioni non sono autentiche);
b) E' norma positiva in quanto, riconoscendo l'autenticità di una rivelazione « privata » e promuovendone l'impulso ispirato dallo Spirito Santo, fa sì che essa contribuisca positivamente alla edificazione comune di tutta la Chiesa. Questo corrisponde alle indicazioni del Concilio, che invita non solo a non spegnere lo Spirito, ma ad esaminare tutto e a ritenere ciò che è buono70.
3. L'opera di individuazione dei carismi profetici, di accoglienza gioiosa dei medesimi e di una loro efficace promozione per il bene della Chiesa, spetta a tutti i pastori compresi i Sacerdoti: « Sapendo discernere quali spiriti abbiano origine da Dio, essi devono scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici, devono ammettersi con gioia e fomentarli con diligenza »71.
4. I fedeli, che hanno ricevuto dei doni speciali e sono resi partecipi del carisma profetico, in virtù di rivelazioni« private », hanno il diritto e il dovere di esercitarle e di parteciparle alla Chiesa: « Dall'aver ricevuto questi carismi, anche i più semplici, sorge per ogni credente il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e per l'edificazione della Chiesa nella Chiesa e nel mondo, con la libertà dello Spirito Santo, il quale ''spira dove vuole'' (Gv 3,8), e al tempo stesso nella comunione con i fratelli in Cristo, soprattutto con i propri pastori, che hanno il compito dì giudicare sulla loro genuina natura e sul loro uso ordinato, non certo per estinguere lo Spirito, ma per esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cfr. 1 7s 5,12.19.21) ».
5. Chi riceve una rivelazione « privata », che si dimostra sotto tutti gli aspetti autentica, è tenuto a credervi con ossequio dell'intelletto e della volontà, aderendo pienamente a quanto Dio si è degnato rivelare nella sua benevolenza a vantaggio dei fedeli.
Quando la rivelazione « privata » ha l'approvazione, sia negativa che positiva, della competente Autorità ecclesiastica e risulta, quindi riconosciuta come autentica dalla Chiesa, i fedeli che ne vengono a conoscenza sono tenuti ad aderirvi in pieno ossequio di obbedienza al Magistero della Chiesa, che l'ha riconosciuta autentica. Se poi, in virtù di un ulteriore intervento divino, mediante la prova dei miracoli, la rivelazione « privata », viene comprovata come proveniente da Dio, sono tenuti ad aderirvi con ossequio di fede divina.
6. L'autorità a cui compete il giudizio e la valutazione nonché la accoglienza e la promozione del dono profetico nella Chiesa, alla quale viene, quindi, affidata la rivelazione « privata », affinché giovi alla edificazione della Chiesa secondo la finalità propria della profezia (cfr. l Ts 5,20), è tenuta, in ossequio allo Spirito Santo, che, in ogni dono, manifesta ]a sua opera di ammaestramento e guida di tutta la Chiesa, « ad ammetterla con gioia e a fomentarla con diligenza »72 Nel giudizio sulla autenticità dei fenomeni della grazia di Dio, « nell'esercizio di questa supervisione, la gerarchia non pretende di elevarsi al di sopra dello Spirito, come per citarlo davanti al suo tribunale. Ma il rispetto dello Spirito Santo implica il dovere di esaminare se ci troviamo realmente davanti a una sua manifestazione »73;74.
7. A tutti, fedeli e pastori, compete il dovere di pregare. affinché, come auspicava Paolo VI, « una nuova abbondanza, oltre che di grazia, di carismi, sia ancor oggi concessa alla Chiesa di Dio»; nella consapevolezza che - come afferma Giovanni Paolo Il nella Enciclica « Dominum et vivificantem » - « lo Spirito Santo non cessa di essere il custode della speranza nel cuore dell'uomo... A lui si rivolge la Chiesa lungo le intricate vie del pellegrinaggio dell'uomo sulla terra... A lui, come a paraclito, a Spirito di verità e di amore, si rivolge l'uomo che vive di verità e di amore e che senza la fonte della verità e dell'amore non può vivere. A lui si rivolge la Chiesa, che è il cuore dell'umanità, per invocare per tutti ed a tutti dispensare quei doni dell'amore, che per mezzo suo « è stato riversato nei nostri cuori (Rm 5,5) »75.
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Lavoro originale di P. Cornelio Maria del Zotto
Riduzione a cura del Movimento Mariano Betania
Visita il sito sulle rivelazioni private: www.rivelazioniprivate.org
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Edizione 2.7 del 31 maggio 2016
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NOTE:
1(R) Si tratta di una riduzione dell'opera originale: Cornelio Del Zotto, «Per una teologia delle rivelazioni private», in Extractum ex Antonianum, (1989) Vol.64, n°2-3, pp. 308-329. Le note contraddistinte dalla (R) non sono dell'Autore ma del Redattore.2(R) Padre Cornelio Maria Del Zotto, Ordine Francescano Frati Minori (O.F.M.), già allievo del prof. Joseph Ratzinger, è stato docente presso la pontificia università “Antonianum”. Autore di libri e pubblicazioni, è stato anche missionario in Africa.
3(R) Presidente dell'associazione laicale “Betania di Gianna Gelfusa” e garante del Movimento Mariano Betania.
4(R) Cfr Ludovico Ott, Compendio di Teologia Dogmatica, Marietti/Herder 1969, §8 I gradi di certezza teologica.
5(R) Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, Rapporto sulla Fede, 1985-2005, Ed. San Paolo.
6(R) S. Giovanni Paolo II nella lettera apostolica “Laetamur Magnopere” (1997) definisce il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica “come strumento valido e legittimo al servizio della comunione ecclesiale e come norma sicura per l'insegnamento della fede”.
7(R) In virtù di CCC67; vedi inoltre Karl Rahner, Visioni e Profezie, Ed. Vita e Pensiero, 1995, pag. 41; vedi anche A.Royo Marin, Teologia della perfezione cristiana, §599, “Sono sempre esistite anime in cui si è manifestato lo spirito di profezia. È un fatto riconosciuto dalla S.Scrittura e dall'autorità della Chiesa nei processi di canonizzazione. Discutere la possibilità delle rivelazioni private – dice Meynard - sarebbe misconoscere uno dei caratteri della santità esistente nella vera Chiesa ed il sovrano potere di Dio”.
8(R) Denzinger n.1540: “Nam, nisi ex speciali revelatione, sciri non potest, quos Deus sibi elegerit” (Infatti non si possono conoscere quelli che Dio si è scelti se non da una rivelazione speciale); Denzinger n. 1566: “Si quis magnum illud usque in finem perseverantiae donum se certo habiturum absoluta et infallibili certitudine dixerit, nisi hoc ex speciali revelatione didicerit: anathema sit” (Se qualcuno afferma con infallibile ed assoluta certezza che egli avrà certamente il grande dono della perseveranza finale, a meno che non abbia saputo ciò da una rivelazione speciale: sia anatema).
9(R) Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi , 80
10(R) cfr. K. Rahner, «Prophetismus», in: Sacramentum mundi, vol XIII, 1320. Lo stesso autore insiste sulla necessità delle rivelazioni private: «L'elemento profetico, nonostante la già avvenuta conclusione della Rivelazione, ha dunque nella Chiesa il suo significato insostituibile, cui né la teoria generale della teologia, né l'acume naturale e soprannaturale del Magistero ecclesiastico [...] possono supplire», Visioni e Profezie, Ed. Vita e Pensiero, (Milano 1955), 37.
11Cfr Movimento Mariano Betania, Volume ai Vescovi, Maria Santissima 17 agosto 1972, messaggio n°6, pg. 37.
12(R) Lumen Gentium, 4 – Concilio Vaticano II – Costituzione Dogmatica.
13Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica « Dominum et vivificantem » del 18 maggio 1986, 25. Il Santo Padre introduce l'enciclica ricordando che nel Simbolo di Fede, detto niceno-costantinopolitano, « si aggiunge anche che lo Spirito Santo “ha parlato per mezzo dei profeti” » (n. 1). Presbyterorum Ordinis, 2: «Unumquodque sanctificare debet Iesum in corde suo (1Pt 3,15) et spiritu prophetiae testimonium de Iesu reddere (Ap 19,10) ».
14Lumen Gentium, 53; Dei Verbum, 23; al n. 8 è detto che la tradizione progredisce continuamente nella Chiesa « sub assistentia Spiritus Sancti ».
15(R) Lumen Gentium, 53 – Concilio Vaticano II – Costituzione Dogmatica:
“... la Chiesa Cattolica, istruita dallo Spirito Santo, con affetto di pietà filiale la venera come Madre amatissima; Dei Verbum, 8 – Concilio Vaticano II – Costituzione Dogmatica:
“Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo; ...”;
Dei Verbum, 23:
“La sposa del Verbo incarnato, la Chiesa, ammaestrata dallo Spirito Santo, si preoccupa di raggiungere una intelligenza sempre più profonda delle Sacre Scritture...”.
16(R) Ed è lo Spirito Santo la “memoria” stessa della Chiesa come proclama S.Giovanni in Gv 14, 23-25 «Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
17(R) Per agevolare il lettore si riportano qui, e più avanti nell'articolo, alcuni dei riferimenti citati:
Gv 16,12-13
“12 Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13 Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.”
Rm 12,6-16
“6Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia la eserciti secondo la misura della fede; 7 chi ha un ministero attenda al ministero; chi l'insegnamento, all'insegnamento; 8 chi l'esortazione, all'esortazione. Chi dá, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia.”
Ef 2, 19-22
“19 Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, 20 edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. 21 In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; 22 in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito.”
1 Cor 12,7-11
“7 E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: 8 a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; 9 a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; 10 a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue. 11 Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole.”
181Cor 14,5
“5 Vorrei vedervi tutti parlare con il dono delle lingue, ma preferisco che abbiate il dono della profezia; in realtà è più grande colui che profetizza di colui che parla con il dono delle lingue, a meno che egli anche non interpreti, perché l'assemblea ne riceva edificazione.”
19Dei Verbum, 820K. RAHNER, « Prophetismus », in Sacramentum Mundi, XIII, 1319: « Dieses charismatisch Prophetische in der Kirche dient der dauernd neuen Aktualisierung der Botschoft Jesu in den immer wechselden Zeitsituationen ».
21(R) Lumen Gentium, 4 -
22Ad Gentes, 4
23(R) “Ed è ancora lo Spirito Santo che in tutti i tempi « unifica la Chiesa tutta intera nella comunione e nel ministero e la fornisce dei diversi doni gerarchici e carismatici» “ (AG 4).
24(R) At 10,44-47
“44 Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo scese sopra tutti coloro che ascoltavano il discorso. 45 E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo; 46 li sentivano infatti parlare lingue e glorificare Dio. 47 Allora Pietro disse: «Forse che si può proibire che siano battezzati con l'acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?». 48 E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Dopo tutto questo lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.”
25 (R) At 4,7-8
“7 Fattili comparire davanti a loro, li interrogavano: «Con quale potere o in nome di chi avete fatto questo?». 8 Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, 9 visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato ad un uomo infermo e in qual modo egli abbia ottenuto la salute, 10 la cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo.”
26Ad Gentes, 4.27(R) 1Cor 2,10; “Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito”.
28Lumen Gentium, 12 - Concilio Vaticano II “12. Il popolo santo di Dio partecipa pure dell'ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità, e coll'offrire a Dio un sacrificio di lode, cioè frutto di labbra acclamanti al nome suo (cfr. Eb 13,15). La totalità dei fedeli, avendo l'unzione che viene dal Santo, (cfr. 1 Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando « dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici » mostra l'universale suo consenso in cose di fede e di morale. E invero, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, e sotto la guida del sacro magistero, il quale permette, se gli si obbedisce fedelmente, di ricevere non più una parola umana, ma veramente la parola di Dio (cfr. 1 Ts 2,13), il popolo di Dio aderisce indefettibilmente alla fede trasmessa ai santi una volta per tutte (cfr. Gdc 3), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l'applica nella vita. Inoltre lo Spirito Santo non si limita a santificare e a guidare il popolo di Dio per mezzo dei sacramenti e dei ministeri, e ad adornarlo di virtù, ma « distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui » (1 Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa secondo quelle parole: « A ciascuno la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio » (1 Cor 12,7). E questi carismi, dai più straordinari a quelli più semplici e più largamente diffusi, siccome sono soprattutto adatti alle necessità della Chiesa e destinati a rispondervi, vanno accolti con gratitudine e consolazione.”
29Unitatis Redintegratio, 4 – Concilio Vaticano II – Decreto; Lumen Gentium, 39-40 “... Perciò tutti nella Chiesa, ..., sono chiamati alla santità, secondo il detto dell'Apostolo:«Certo la volontà di Dio è questa, che vi santifichiate » (1Ts 4,3; cfr. Ef 1,4). Orbene, questa santità nella Chiesa costantemente si manifesta e si deve manifestare nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli; si esprime in varie forme presso i singoli, i quali nel loro grado di vita tendono alla perfezione della carità ed edificano gli altri; ...”30Giovanni Paolo II, « Dominum et vivificantem », 26.
31Giovanni Paolo II, « Dominum et vivificantem », 51.
32Giovanni Paolo II, « Dominum et vivificantem », 4.
33(R) « Dominum et vivificantem », 4 afferma anche che «lo Spirito Santo farà sì che nella Chiesa perduri sempre la stessa verità, che gli apostoli hanno udito dal loro Maestro». Lo Spirito Santo, dunque, oltre ad essere “Memoria” è in un certo senso anche garante e custode del Deposito della Fede; le rivelazioni private sono uno dei mezzi a sua disposizione per l'esercizio di queste funzioni.
34H. Cazales, « Lo Spirito Santo nei testi del Vaticano II » in: Lo Spirito Santo e la Chiesa (Collana « Teologia oggi » 13). Una ricerca Ecumenica a cura di E. Lanne, (Editrice A.V.E. Roma 1970), 304. L'Autore si riferisce al testo di Presyterorum Ordinis, 12, e richiama pure i nn. 13 e 15.
35H. Cazales, « Lo Spirito Santo nei testi del Vaticano II », 304.
36 Apostolicam Actuositatem, 3 - Concilio Vaticano II - Decreto. 37H. Cazales, « Lo Spirito Santo nei testi del Vaticano II », op. cit., 306 dove cita Ad Gentes, 4 e a pag. 309 dove si riferisce all'opera continua dello Spirito Santo nel Cuore dei fedeli, mediante la grazia sacramentale e cita AA, 3; LG 11; SC 6; LG 12: « Populus Dei sanctus de munere quoque prophetico Christi participat ».
38Dei Verbum, 12.
39H. Cazales, « Lo Spirito Santo nei testi del Vaticano II », 311, dove ricorda la Dei Verbum, 23.
40A.M. Charue, «Lo Spirito Santo nella "Lumen Gentium"», in Lo Spirito Santo e La Chiesa, pp 317-343, qui: 339-340.
41A.M. Charue, «Lo Spirito Santo nella "Lumen Gentium"», op. cit., 339-340.
42 G. Philips, L'Eglise, son mystère au deuxiemme concile du Vatican (Descleée, 1966), trad. ital., La Chiesa e il suo mistero, (Jaca Book, Milano, 1981), 162.
43 G. Philips, La Chiesa e il suo mistero, 162. (R) il resto della nota, ovvero la conclusione del Philips, è stata inserita nel testo.
44 G. Philips, La Chiesa e il suo mistero, 163.45Cfr. H. Schlier, Grundzüge einer paulinischen Theologie (Herder Freibur-Basel-Wien 1978) 191.
46 Giovanni Paolo II - Dominum et vivificantem 46-48 - Lettera Enciclica; per analogia. (R) “46. Sullo sfondo di ciò che abbiamo detto finora, diventano più comprensibili alcune altre parole, impressionanti e sconvolgenti, di Gesù. Le potremmo chiamare le parole del «non-perdono». Esse ci sono riferite dai Sinottici in rapporto ad un particolare peccato, che è chiamato «bestemmia contro lo Spirito Santo». [...] Perché la bestemmia contro lo Spirito Santo è imperdonabile? Come intendere questa bestemmia? Risponde san Tommaso d'Aquino che si tratta di un peccato: «irremissibile secondo la sua natura, in quanto esclude quegli elementi, grazie ai quali avviene la remissione dei peccati». Secondo una tale esegesi la «bestemmia» non consiste propriamente nell'offendere con le parole lo Spirito Santo; consiste, invece, nel rifiuto di accettare la salvezza che Dio offre all'uomo mediante lo Spirito Santo, ...”47 K. Rahner, « Privatoffenbarung », in Sacramentum mundi, III, 1285.
48Dei Verbum, 5, con il riferimento in nota al Concilio Vaticano I.
(R) Si noti inoltre il tempo del verbo “rivela” che non limita l'azione al passato.
49Dei Verbum, 5. In nota si fa riferimento al Conc. Vat. I, Cost. dogm. de fide catholica, Dei Filius, cap. 2: Denz. 1786 (DS 3005).
50(R) È interessante osservare come valga anche il viceversa, ovvero, nel caso di persone che erano lontano o si erano allontanate dalla fede, l'esperienza mistica della rivelazione «privata» abbia dato slancio e certezza alla fede nella rivelazione pubblica. Vedi il caso di Bruno Cornacchiola con l'apparizione alle Tre Fontane a Roma, oppure dell'ebreo Alphonse Marie Ratisbonne, a cui apparve la Vergine nella chiesa di S.Andrea delle Fratte sempre a Roma.
51(R) «Figli miei, come è difficile la pienezza della piena disponibilità! Come è difficile trovarsi nella pienezza della verità! Se non vi si trova la pienezza della disponibilità, non vi si può trovare nella pienezza della verità» Betania (Zagarolo), Maria Santissima, 10 settembre 1992. La Mamma Celeste si riferisce all'eroismo della disponibilità pronta ad dono totale di sé con la perfezione del sì, momento per momento, ad ogni richiesta di Dio. La disponibilità è la libertà dagli attaccamenti, o affetti, disordinati. Questi accecano ed oscurano l'anima (cfr S.Giovanni della Croce, Salita del Monte Carmelo, Libro 1, c. 8) e le impediscono di accogliere la luce divina; liberata da essi, l'anima diviene disponibile, si apre alla luce della grazia ed è capace di ricevere gli splendori della verità.
52(R) La necessità di un velo, ovvero di un nascondimento, nelle rivelazioni attuali, è dettata dalla libera scelta di Dio di non manifestarsi pubblicamente se non due sole volte nella storia della Salvezza: la prima nella carne e nella debolezza nella pienezza dei tempi, la vita di Gesù, Verbo incarnato, fra noi; la seconda nella potenza e nella gloria alla fine dei tempi. Oltre queste due manifestazioni pubbliche, non c'è da attendersi altre venute di Gesù (cfr Dei Verbum, 4). Questo non significa però che le rivelazioni private, o attuali, siano intrinsecamente dubbie o incerte, nel contenuto o nella possibilità di discernere. Sarebbe infatti offensivo verso Dio il solo pensare che le sue opere autentiche manchino di ogni perfezione e che lui non dia sovrabbondanti segni per discernere della loro autenticità.
53 Cfr. Giovanni Paolo II, «Dominum et vivifìcantem», 47.54(R) Esiste su questo aspetto dell'obbligatorietà, un contrasto di opinioni teologiche ancora da dirimere.
55(R) Vale la pena ricordare che in alcuni documenti di teologia le stesse rivelazioni fatte ad Adamo, a Noé, ad Abramo e a Mosè con il roveto ardente, sono considerate rivelazioni «private». Questo sembra tanto più corretto quanto più riflettiamo sul modo in cui sono avvenute tali manifestazioni ed anche sulla sostanziale differenza che c'è fra tali rivelazioni vetero-testamentarie e l'incarnazione del Verbo, un Dio che si manifesta per la prima volta apertamente e tangibilmente: la rivelazione Pubblica.
56Lumen Gentium, 12.
57 Dei Verbum, 7.
58 Dei Verbum, 8.
59Lumen Gentium, 12.60Presbyterorum Ordinis, 9.
61Cfr. Lumen Gentium, 12.
62G. Philips, La Chiesa e il suo mistero, 160.
63(R) S. Tommaso d'Aquino, specifica inoltre un ulteriore scopo del carisma profetico. La profezia, oltre alla conoscenza della verità divina è ordinata alla guida delle azioni degli uomini in virtù delle circostanze che causano l'intervento divino. Summa Th. II-II, q.174, a.6 "Quantum vero ad directionem humanorum actuum, prophetica revelatio diversificata est, non secundum temporis processum, sed secundum conditionem negotiorum".
64 K. Rahner, « Privatoffenbarung », in Sacramentum mundi, III, 1256.
65 K. Rahner, « Privatoffenbarung », in Sacramentum mundi, III, 1256.
66 K. Rahner, « Privatoffenbarung », in Sacramentum mundi, III, 1285-86, e in Lexicon für Theologie und Kirche, VIII, 773: « Der charismatische Impuls für die je richtige Entscheidung ist aber die Funktion der Provatoffenbarung ob sie dabei als solche explizit auftritt oder nicht ».
67L. Sartori, Il «Sensus Fidelium» del Popolo di Dio e il concorso dei Laici nelle determinazioni dottrinali, in: Studi Ecumenici, 6 (1988) 42-43.
68Apostolicam Actiositatem, 3; cfr. K. Rahner, Visioni e profezie, op. cit., 130: Così conservano il loro significato le parole: ''Non estìnguete lo Spirito. Non disprezzate il dono profetico. Vagliate tutto e ritenete il buono" (1 Ts 5,19-21). Il buono di ogni profezia ci è dato però solo alla fine, quando cioè ridesta in noi la serietà d'una risoluzione che crede e che osa, quando ci fa toccare con mano che il mondo va di male in peggio, cosa di cui mai vogliamo convincerci, quando suscita in noi la pazienza perseverante e la consapevolezza che Egli ha già vinto, anche se nel mondo resta ancora per noi pianto e tristezza; quando ci riempie di fiducia in Dio, l'unico che è il Signore anche del futuro non ancora svelato, quando ci porta alla preghiera, alla conversione del cuore e alla ridente certezza che nulla può separarci dell'amore di Cristo»; nell'originale, Visionen und Prophezeiungen, 107.
69(R) Sia per far conoscere qui ed ora la situazione morale ed i costumi da correggere, di cui solo Dio ha una perfetta conoscenza. Dio può anche avanzare delle richieste, ad.es. la consacrazione della Russia, alle quali l'uomo corrisponde nella misura del suo amore.
70Apostolicam Actuositatem, 3.
71Presbyterorum Ordinis, 9.
72Presbyterorum Ordinis, 9.
73G. Philips, La Chiesa e il suo mistero, 162.
74(R) Nel messaggio del 13 ottobre 1971, del Movimento Mariano Betania, Gesù afferma: «Voglio pregare l'uomo a qualunque posto si trovi, voglio ricordargli di riconoscersi sempre uomo. Voglio che l'uomo sappia che è Iddio a mettere alla prova lui; mai lui deve mettere alla prova Iddio».
75Giovanni Paolo II, « Dominum et vivificantem ».