IL MISTERO DI ROMA
CAPO XXI
DALLA BRECCIA DI PORTA PIA
AI PATTI LATERANENSI
1. - Il 20 settembre 1870 un esercito italiano aperto uno squarcio nelle mura aureliane, occupava Roma. Il Papa era privato di ogni sovranità territoriale. Roma diventava la capitale dell'Italia. Per la prima volta dopo circa 1500 anni un sovrano col suo governo poneva stabile residenza in Roma.
Il Papa negò di riconoscere la legittimità dell'occupazione, ed assunse una posizione di protesta contro l'usurpazione. E non poteva agire diversamente. Il Papa posto da Dio al disopra di tutte le potestà terrene, non può apparire soggetto a nessuna umana autorità, per quanto elevata. Egli deve essere indipendente.
Ma bisogna pure ammettere che per un tratto della sua Provvidenza Dio si servì delle aspirazioni nazionali degli italiani e delle loro passioni politiche, per liberare il Papato da un dominio territoriale, che per l'aumentata irrequietezza e faziosità dei popoli, per gli sconvolgimenti sociali e gli sconquassi di terribili guerre, stava per diventare un peso enormemente imbarazzante per un governo pacifico, che voleva essere un regime più di padre che di sovrano.
2. - La resistenza opposta dal Papa all'invasione non nacque da avidità di dominio, ma da indeclinabile necessità di salvaguardare la sua indipendenza, e dimostrare dinanzi ai popoli cristiani, che il Supremo Pastore non era connivente alla distruzione di quello, che era chiamato patrimonio della Chiesa, che egli aveva giurato di conservare nell'atto della sua elezione; ma che subiva una violenza.
E questa resistenza era tanto più giusta, perché nel movimento per l'unità della nazione italiana si era mescolato il proposito di annientamento del Principato religioso del Papa, dopo l'annientamento del Principato politico. Nel Bollettino massonico del 1867 si leggeva: «Finché l'Italia soffre il Papato, riluttante o volente, il mondo gemerà sotto il suo giogo... Il mondo respirava vedendo l'Italia preparata a schiacciare il Pontificato Romano. Le nazioni riconoscevano all'Italia il diritto di esistere come nazione, in quanto le affidavano l' altissimo ufficio di liberarle dal giogo di Roma cattolica».
Garibaldi aveva detto: «L'Italia è una bella donna con una cancrena nel seno: il Papa!» Concetto ripetuto dal sacerdote Döllinger ribelle al dogma dell'infallibilità pontificia definita dal Concilio Vaticano primo: «Il papato è un tumore che rende deforme la Chiesa» [1]. Ma già questa intenzione ostile non solo al potere politico, ma anche al potere spirituale si poteva intuire nelle parole untuose, che il Ministro Bettino Ricasoli, succeduto al Cavour, disse il 10 luglio 1861: «Vogliamo andare a Roma non distruggendo, ma edificando, porgendo modo alla Chiesa di riformare se stessa, dandole quella libertà e quella indipendenza, che le siano di mezzo e stimolo a rigenerarsi nella purità del sentimento religioso, nella semplicità dei costumi, nella severità della disciplina». Questa intenzione di edificare si vedeva già nelle leggi eversive degli istituti religiosi applicate in tutte le regioni annesse al regno d'Italia.
3. - Quindi la resistenza del Pontefice era mossa dal sacro dovere di difendere la libertà ed indipendenza del suo sacro altissimo ministero.
Basti qui riportare le parole di Pio IX al Conte di Harcourt ambasciatore di Francia (il 26 aprile 1871) «La sovranità non è cosa da desiderarsi in un tempo come questo, ed io lo so meglio di ogni altro. Quello che domando è solo un piccolo angolo di terra, dove io sia padrone. Se mi si offrisse di restituirmi i miei stati, li rifiuterei. Ma fintanto che non avrò questo piccolo angolo, non potrò esercitare con pienezza le mie funzioni spirituali».
4. - La resistenza dei Pontefici continuò chiusi in Vaticano, in un atteggiamento di protesta, e col rifiuto delle leggi delle Guarantigie, con le quali lo Stato Italiano pretendeva di garantire la libertà del Papa nell'esercizio del suo supremo ministero. Questa condotta di protesta dei Pontefici fu interpretata dall'opinione mondana e spregiudicata come libidine del potere. A smentire tale maliziosa insinuazione è assai interessante ricordare le parole di S. Pio X dette al Vescovo di Bergamo Mons. Radini-Tedeschi: «Figuratevi, Monsignore, (e lo diceva in dialetto veneziano) che cosa mi succede. Ieri ho ricevuto una commissione di personaggi degni e gravi a propormi di risolvere la Questione Romana, accontentandomi di Roma, che il Governo Italiano potrebbe lasciarmi. Oh, Monsignore, adesso ci vorrebbe anche Roma da governare, con tutte quelle non poche brighe, che mi procura già il governo di questa brava e buona gente qui dentro». E sorrideva piacevolmente. Questo episodio è riferito niente di meno che dal Patriarca di Venezia il Cardo Roncalli, poi Giovanni XXIII, in un discorso che pronunziò l'11 febbraio 1954 in occasione del 25° anno dei Patti Lateranensi. «Lo ascoltai io stesso» disse il Patriarca, «coi miei due orecchi da giovane prete al termine d'un colloquio riservato del Papa con il mio vescovo, Mons. Radini-Tedeschi, che io accompagnavo» [2].
5. - Il piccolo angolo auspicato da Pio IX fu creato l'11 febbraio 1929 dai Patti Lateranensi con la costituzione dello Stato della Città del Vaticano.
Con questi patti dunque cessava la sovranità pontificia su Roma non solo di fatto, ma anche di diritto. Pio XI, annunziando la conclusione di questi accordi, sottoscritti nel palazzo del Laterano dal Cardinale Pietro Gasparri segretario di Stato del Pontefice e da Benito Mussolini capo del governo italiano, diceva: «Si è voluto che il territorio del nuovo Stato Vaticano fosse minimo, quel tanto indispensabile per l'esercizio d'una vera sovranità giurisdizionale, universalmente riconosciuta. Ci pare di vedere le cose al punto in cui erano in S. Francesco benedetto, che aveva quel tanto di corpo, quanto bastava per tenere unita la sua grand'anima... Ci compiacciamo di vedere il materiale terreno del nuovo Stato Vaticano ridotto a così minimi termini, da potersi e doversi anche esso considerare spiritualizzato dall'immensa, sublime e veramente divina spiritualità, che esso è destinato a sorreggere e servire».
*****
[1] Das Papstum Konzil.
[2] L'Osservatore Romano, 8 nov. 1956.
Il Papa negò di riconoscere la legittimità dell'occupazione, ed assunse una posizione di protesta contro l'usurpazione. E non poteva agire diversamente. Il Papa posto da Dio al disopra di tutte le potestà terrene, non può apparire soggetto a nessuna umana autorità, per quanto elevata. Egli deve essere indipendente.
Ma bisogna pure ammettere che per un tratto della sua Provvidenza Dio si servì delle aspirazioni nazionali degli italiani e delle loro passioni politiche, per liberare il Papato da un dominio territoriale, che per l'aumentata irrequietezza e faziosità dei popoli, per gli sconvolgimenti sociali e gli sconquassi di terribili guerre, stava per diventare un peso enormemente imbarazzante per un governo pacifico, che voleva essere un regime più di padre che di sovrano.
2. - La resistenza opposta dal Papa all'invasione non nacque da avidità di dominio, ma da indeclinabile necessità di salvaguardare la sua indipendenza, e dimostrare dinanzi ai popoli cristiani, che il Supremo Pastore non era connivente alla distruzione di quello, che era chiamato patrimonio della Chiesa, che egli aveva giurato di conservare nell'atto della sua elezione; ma che subiva una violenza.
E questa resistenza era tanto più giusta, perché nel movimento per l'unità della nazione italiana si era mescolato il proposito di annientamento del Principato religioso del Papa, dopo l'annientamento del Principato politico. Nel Bollettino massonico del 1867 si leggeva: «Finché l'Italia soffre il Papato, riluttante o volente, il mondo gemerà sotto il suo giogo... Il mondo respirava vedendo l'Italia preparata a schiacciare il Pontificato Romano. Le nazioni riconoscevano all'Italia il diritto di esistere come nazione, in quanto le affidavano l' altissimo ufficio di liberarle dal giogo di Roma cattolica».
Garibaldi aveva detto: «L'Italia è una bella donna con una cancrena nel seno: il Papa!» Concetto ripetuto dal sacerdote Döllinger ribelle al dogma dell'infallibilità pontificia definita dal Concilio Vaticano primo: «Il papato è un tumore che rende deforme la Chiesa» [1]. Ma già questa intenzione ostile non solo al potere politico, ma anche al potere spirituale si poteva intuire nelle parole untuose, che il Ministro Bettino Ricasoli, succeduto al Cavour, disse il 10 luglio 1861: «Vogliamo andare a Roma non distruggendo, ma edificando, porgendo modo alla Chiesa di riformare se stessa, dandole quella libertà e quella indipendenza, che le siano di mezzo e stimolo a rigenerarsi nella purità del sentimento religioso, nella semplicità dei costumi, nella severità della disciplina». Questa intenzione di edificare si vedeva già nelle leggi eversive degli istituti religiosi applicate in tutte le regioni annesse al regno d'Italia.
3. - Quindi la resistenza del Pontefice era mossa dal sacro dovere di difendere la libertà ed indipendenza del suo sacro altissimo ministero.
Basti qui riportare le parole di Pio IX al Conte di Harcourt ambasciatore di Francia (il 26 aprile 1871) «La sovranità non è cosa da desiderarsi in un tempo come questo, ed io lo so meglio di ogni altro. Quello che domando è solo un piccolo angolo di terra, dove io sia padrone. Se mi si offrisse di restituirmi i miei stati, li rifiuterei. Ma fintanto che non avrò questo piccolo angolo, non potrò esercitare con pienezza le mie funzioni spirituali».
4. - La resistenza dei Pontefici continuò chiusi in Vaticano, in un atteggiamento di protesta, e col rifiuto delle leggi delle Guarantigie, con le quali lo Stato Italiano pretendeva di garantire la libertà del Papa nell'esercizio del suo supremo ministero. Questa condotta di protesta dei Pontefici fu interpretata dall'opinione mondana e spregiudicata come libidine del potere. A smentire tale maliziosa insinuazione è assai interessante ricordare le parole di S. Pio X dette al Vescovo di Bergamo Mons. Radini-Tedeschi: «Figuratevi, Monsignore, (e lo diceva in dialetto veneziano) che cosa mi succede. Ieri ho ricevuto una commissione di personaggi degni e gravi a propormi di risolvere la Questione Romana, accontentandomi di Roma, che il Governo Italiano potrebbe lasciarmi. Oh, Monsignore, adesso ci vorrebbe anche Roma da governare, con tutte quelle non poche brighe, che mi procura già il governo di questa brava e buona gente qui dentro». E sorrideva piacevolmente. Questo episodio è riferito niente di meno che dal Patriarca di Venezia il Cardo Roncalli, poi Giovanni XXIII, in un discorso che pronunziò l'11 febbraio 1954 in occasione del 25° anno dei Patti Lateranensi. «Lo ascoltai io stesso» disse il Patriarca, «coi miei due orecchi da giovane prete al termine d'un colloquio riservato del Papa con il mio vescovo, Mons. Radini-Tedeschi, che io accompagnavo» [2].
5. - Il piccolo angolo auspicato da Pio IX fu creato l'11 febbraio 1929 dai Patti Lateranensi con la costituzione dello Stato della Città del Vaticano.
Con questi patti dunque cessava la sovranità pontificia su Roma non solo di fatto, ma anche di diritto. Pio XI, annunziando la conclusione di questi accordi, sottoscritti nel palazzo del Laterano dal Cardinale Pietro Gasparri segretario di Stato del Pontefice e da Benito Mussolini capo del governo italiano, diceva: «Si è voluto che il territorio del nuovo Stato Vaticano fosse minimo, quel tanto indispensabile per l'esercizio d'una vera sovranità giurisdizionale, universalmente riconosciuta. Ci pare di vedere le cose al punto in cui erano in S. Francesco benedetto, che aveva quel tanto di corpo, quanto bastava per tenere unita la sua grand'anima... Ci compiacciamo di vedere il materiale terreno del nuovo Stato Vaticano ridotto a così minimi termini, da potersi e doversi anche esso considerare spiritualizzato dall'immensa, sublime e veramente divina spiritualità, che esso è destinato a sorreggere e servire».
*****
[1] Das Papstum Konzil.
[2] L'Osservatore Romano, 8 nov. 1956.