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IL MISTERO DI ROMA
CAPO XIII

ROMA NELL'ANTICO TESTAMENTO

1. - Di nessun popolo la Bibbia parla con tanta ammirazione e lode come del popolo romano. Già Roma fu adombrata nelle parole che il profeta Balaam pronunziò alla vista degli accampamenti Ebrei nel deserto di Moab, quando annunziò che navi verranno d'Italia, (Chittim) e sottometteranno gli Assiri e gli Ebrei (cfr. Nm 24,23). Ma più esplicitamente Roma è annunziata dal profeta Daniele, il quale interpretando i quattro metalli, oro, argento, bronzo, ferro, di cui era composta la grande statua apparsa in sogno al re assiro Nabucodonosor, prediceva, che dopo i tre imperi, l'assiro il persiano e il greco, raffigurati nei tre primi metalli della statua, sarebbe sorto il quarto impero il romano, raffigurato dal quarto metallo, il ferro. E come il ferro, spiegò il profeta, spezza e doma ogni cosa, così questo quarto impero spezzerà e domerà tutti gli imperi precedenti (cfr. Dn 2,1-49).

2. - Ma è nel 1° Libro dei Maccabei al capo 8°, che si parla a lungo di Roma e con grandi encomio L'occasione a discorrere di Roma è data dal valorosissimo condottiero del popolo ebreo, Giuda Maccabeo, il quale per trovare un efficace appoggio contro i molti esterni nemici del suo popolo, e specialmente contro le continue e crudeli oppressioni dei prepotenti sovrani di Antiochia, inviò un'ambasceria a Roma per contrarre con essa amicizia e alleanza. Era l'anno 150 avanti Cristo e l'anno 600 dalla fondazione di Roma. Si riportano qui alcuni tratti della pagina dedicata a Roma.

    «Frattanto giunse agli orecchi di Giuda la rinomanza dei romani, come sono forti e potenti, favoriscono in tutto coloro che protendono per essi; si legano in amicizia con quanti ricorrono a loro, e così crescono in potenza. Udì le loro guerre e le valorose gesta compiute sui Galati, che riuscirono a domare e sottomettere a tributo. E quanto fecero nella Spagna per impadronirsi delle miniere d'oro e d'argento, che ivi sono; e come conquistarono l'intero paese con la loro saggezza e costanza, sebbene fosse assai distante da loro».

    Il testo scritturistico dopo aver ricordato altre imprese vittoriose dei romani in Macedonia, Grecia e Asia Minore, prosegue così:

    «Gli altri regni ed isole e quanti mai si opposero a loro furono da essi vinti e sottomessi. Invece coi loro amici e con quanti hanno desiderato il loro appoggio, mantengono amichevoli relazioni. Hanno esteso il loro potere sui re, sia vicini che lontani, e regnano solo quelli che a loro piace di aiutare e lasciare sul trono, e depongono quelli che essi non vogliono che regnino. Tanto si son levati in alto!
    Con tutto ciò neppur uno di loro ha cinto diadema né vestito porpora per farne pompa[1], ma si sono formato un Consiglio (Senato) con 320 consiglieri, che alla giornata assiduamente trattano dei pubblici interessi per il loro buon andamento.
    Affidano poi ad un solo uomo il comando per un anno ed il governo di tutti i loro domini, ed a quell'uno obbediscono tutti, senza che vi sia tra loro invidia e gelosia».

3. - In quest'ultimo periodo è chiaro il riferimento all'istituzione del consolato annuale; però erano sempre due i consoli. Ma perché era quasi sempre uno, che dirigeva le lontane spedizioni militari, all'estero si dovette formare la fama d'un solo console. Da questo appare chiaro, che il Sacro Testo fa il ritratto dei romani secondo la fama, che era giunta a Giuda Maccabeo. E si sa, che nelle notizie avute per fama, ci si possono mescolare delle inesattezze. Comunque il ritratto che si fa dei romani, è quanto mai celebrativo e simpatico; e per la sincera ammirazione con cui è tracciato, richiama il quadro fatto dal greco Polibio nell'introduzione delle sue Storie.
    In realtà fu stabilito un trattato di amicizia e di alleanza tra Gerusalemme e Roma, che fu rinnovato coi successori di Giuda Maccabeo, Gionata e Simone; e questa amicizia con Roma fu assai vantaggiosa al popolo ebreo per il prestigio che Roma godeva in Oriente, e la cui sola ombra bastava a dare protezione.

4. - Circa settanta anni dopo l'ultimo rinnovamento dell'alleanza tra Gerusalemme e Roma, Pompeo Magno nel 64 a.C. entrò nella Palestina per dirimere la lite tra i degeneri discendenti dei Maccabei, Ircano II ed Aristobolo II, che si contendevano il potere, ed occupò Gerusalemme. Il duce romano a capo del governo teocratico pose Ircano II, e riservò il governo civile ad un rappresentante di Roma. Così Gerusalemme entrava a far parte dell'impero romano.
    Ma 24 anni più tardi ossia nel 40 a.C. Roma affidò il governo della Palestina ad Erode, un idumeo circonciso, decorandolo del titolo di re. Prima di recarsi nel suo regno, Erode tra i duumviri Ottaviano ed Antonio ascese il Campidoglio per offrire a Giove Capitolino il rituale sacrificio di ringraziamento; giunto poi a Gerusalemme salì con gli stessi sentimenti al tempio di Jahvè, perché per lui l'un Dio valeva l'altro. Così Gerusalemme pur governata da un re, continuava a far parte
dell'impero di Roma.

5. - Verso la fine del Regno di Erode nacque in Betlem l'annunziato ed atteso Messia, Gesù Cristo. Ma il popolo eletto non volle riconoscerlo, e lo affisse ad una croce. Ma poi questo popolo disconobbe anche Roma, e si ribellò al suo impero. E Roma ebbe da Dio l'incarico di punire con la totale distruzione la città deicida e ribelle. Tito il probo duce romano, l'esecutore ignaro della divina vendetta, quando contemplò le rovine desolate della città, che egli avrebbe voluto risparmiare, con le lacrime agli occhi, come narra il teste oculare, l'ebreo Giuseppe Flavio[2], esclamò: «Non sono stato io che ho vinto, ma un Dio irritato si è valso del mio braccio».
    Nel corteo trionfale con cui Tito ascese al Campidoglio per celebrare la vittoria sulla capta Judea, come si legge sulla moneta commemorativa, tra gli altri trofei che l'accompagnarono, figuravano il grande candelabro dalle sette braccia ed i rotoli della Legge mosaica, l'uno e gli altri tesoro ed ornamento del gran tempio di Gerusalemme. Essi entravano così in Roma a simboleggiare che la fonte della luce divina e la custodia della legge morale da Gerusalemme si trasferivano a Roma. Roma diventava l'unica legittima erede di Gerusalemme.
    Il candelabro si vede ancora scolpito nell'arco trionfale innalzato sulla Via Sacra a memoria della vittoria di Tito. Spettacolo singolare! All'incontro della Via dei Trionfi con la Via Sacra s'innalza ancora l'arco di Costantino: l'arco di Tito sta a perenne ricordo della vittoria di Cristo sul ribelle ebraismo; l'arco di Costantino sta a ricordo della vittoria di lui sul paganesimo persecutore.

6. - Scomparsa l'antica Gerusalemme non scomparve la sua spirituale grandezza, la sua gloria di Città di Dio, di Città Santa, di faro luminoso fra le tenebre del mondo; ma queste eccelse doti furono trasferite come legittima eredità a Roma, la nuova Gerusalemme del Testamento Nuovo. L'antica Gerusalemme ne fu l'ombra, il tipo, la figura. È vero che le splendide parole, che i profeti rivolgono a Gerusalemme, si riferiscono alla Chiesa di Cristo; ma non alla Chiesa in astratto, bensì alla Chiesa, che nella sua visibile realtà ha il suo centro vitale in Roma, quindi ad essa si riferiscono anche i vaticini dei profeti.

7. - Il profeta Isaia vissuto otto secoli prima di Cristo dopo aver annunziato nel capo 59° il sorgere d'un nuovo popolo dall'oriente all'occaso, che sarà la Chiesa dei credenti, creata dal Redentore, prorompe nel capo seguente nelle entusiastiche parole:

«Sorgi, risplendi, o Gerusalemme,
perché la tua luce è venuta,
e la gloria del Signore è spuntata sopra di te.
Sopra di te risplenderà il Signore,
la sua gloria si vedrà in te.
Le genti cammineranno alla tua luce,
ed i re allo splendore irraggiato da te.
Muovi i tuoi occhi in giro e guarda:
tutti costoro si sono adunati per venire a te.
I figli tuoi verranno da lontano;
le tue figlie da ogni lato sorgeranno.
Allora guarderai, e per l'afflusso delle genti,
stupirà e si dilaterà il tuo cuore,
quando a te si rivolgerà la moltitudine d'oltre mare,
la schiera dei popoli verrà a te».

Ma già al capo secondo il profeta aveva annunziato la nuova Gerusalemme come il monte che dominerà tutti gli altri monti:

«E sarà negli ultimi giorni fondato il monte della Casa del Signore sopra il vertice di tutti i monti, e si alzerà sopra le colline, e ad esso accorreranno tutte le genti ed affluiranno tutti i popoli dicendo: Venite ascendiamo al monte del Signore ed alla casa del Dio di Giacobbe, e ci insegnerà le sue vie e cammineremo per i suoi sentieri, poiché da Sion uscirà la legge, e la parola del Signore da Gerusalemme».

Queste magniloquenti espressioni che annunziano una supremazia universale col compito di illuminare tutti i popoli della luce divina ed imporre loro la legge del Signore è evidente che non possono applicarsi all'antica Gerusalemme centro della scomparsa religione mosaica. Ma come la religione mosaica fu in funzione di annunzio e preparazione della religione cristiana, così Gerusalemme annunziava e preparava il centro della religione cristiana: Roma. Quanto s'innalza in dignità la Chiesa Cattolica sulla Sinagoga ebraica, altrettanto s'innalza Roma sopra Gerusalemme.

*****

[1] Queste parole sono poste qui a contrasto con l'impero greco, che morto Alessandro il fondatore, i generali del morto si divisero l'impero assumendo porpora e corona reale. E così si moltiplicarono i mali sulla terra. È una riflessione dell'agiografo (1Mac 1,8-9).
[2] G. FLAVIO, De bello iudaico, VII,5-2.


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