IL MISTERO DI ROMA
CAPO VIII
ROMA ELETTA CENTRO DELL'UNITA'
1. - L'esistenza di tante eresie e scismi, che hanno staccato dal centro dell'unità e divisi tra di loro un così notevole numero di cristiani, procede, come è evidente, da un 'unica causa, dal rinnegamento della suprema autorità del Romano Pontefice. Considerando perciò la funzione massima di questa istituzione centrale della Chiesa, non fa meraviglia che Cristo l'abbia voluta circondare di tante e tali garanzie da renderla sicuramente, facilmente ed in ogni tempo riconoscibile da tutti.
Ha voluto che il Capo Supremo visibile della sua Chiesa avesse una dimora, una sede determinata permanente su un punto geografico del mondo: Roma.
Ha voluto che questo primato fosse congiunto ad una persona nettamente individuabile, cioè a colui che fosse il legittimo vescovo di Roma. Sicché il primato portasse quale attributo distintivo ed inconfondibile il nome di Roma. E con ciò si rendeva anche agevole e manifesta la trasmissione della potestà suprema, perché essa passava a colui che la Chiesa di Roma eleggeva a suo vescovo. Con questa istituzione legata ad una città particolare diventava facile a tutti ed in ogni tempo conoscere dove ritrovare il Supremo Pastore della Chiesa di Cristo.
2. - Se Pietro non avesse assunto una diocesi particolare e legato ad essa il suo primato, la successione al primato sarebbe ricaduta su tutto il corpo della Chiesa, od almeno a tutti i vescovi di essa sarebbe spettato il diritto di designare il successore.
Orbene sappiamo dalla storia, quali lotte e discordie spesso accompagnavano le elezioni dei Pontefici, sebbene ristrette nell'ambiente romano. Sono le debolezze, le passioni umane che spesso adombrano le opere di Dio affidate all'uomo. Durante il primo millennio sono i partiti del clero e del popolo, sono le prepotenze dei monarchi bizantini, sono gli interventi degli imperatori franco-germanici del Sacro Romano Impero, che fecero spesso valere la loro influenza nella designazione della persona, che doveva occupare la Cattedra di Pietro; e nel contrasto ostinato delle passioni spesso si arrivò all'elezione di antipapi.
Fino a S. Gregorio VII, 154° Papa (Anno 1073-1085), si contano 22 antipapi. Ed anche quando l'elezione del Pontefice fu riservata al ristretto cerchio dell'alto clero romano, ossia ai Cardinali, adunati nel segreto di un conclave, non si eliminarono del tutto turbamenti e contrasti, causati principalmente dalle pressioni, che i più potenti Stati d'Europa per i loro particolari interessi politici, esercitavano sopra singoli o gruppi di cardinali, sino ad attribuirsi un diritto di esclusiva per eliminare qualche candidato inviso da una eventuale elezione.
A queste nefaste influenze si deve principalmente, se alcuni conclavi si prolungarono per mesi in lotte poco edificanti, prima di arrivare all'elezione del Papa. Da questi intrighi politici derivò pure in gran parte, se dall'anno 1100 al 1439 ci furono altri 19 antipapi su 50 Papi legittimi. L'ultimo antipapa fu Amedeo VIII di Savoia col nome di Felice V.
Nel 1903 all'elezione di S. Pio X ci fu l'ultimo abuso dell'esclusiva da parte dell'Impero Austro-Ungarico contro il Cardinale Rampolla, il grande segretario di Leone XIII.
3. - Orbene se malgrado la stretta e chiusa area dell'elezione, limitata ai soli elementi romani, pure non sempre essa è rimasta chiusa all'irrompere delle passioni umane; che cosa sarebbe stato, se il Pastore Supremo senza essere indissolubilmente legato ad una sua sede personale, per la sua elezione ci fosse stato bisogno del voto di tutto l' episcopato? Le passioni nazionali, gli interessi politici, le ambizioni di prestigio, le gelosie ed i contrasti tra popolo e popolo, quanta materia avrebbero potuto fornire per inquinare i voti degli elettori!
Ma oltre alla lotta per la designazione della persona, ci sarebbe stata una gara per la scelta della sede, ove l'eletto avrebbe dovuto porre il centro normale del suo governo. E con questo sarebbe accaduto, che secondo le vicissitudini dei tempi, i predomini politici, o le preferenze dell' eletto od anche per un turno concordato tra le nazioni, il centro vitale della Chiesa sarebbe potuto emigrare da una regione all'altra, da un continente all'altro, con la perdita di quell'alone di grandezza, di venerabilità, di prestigio, di cui una sede stabile, con una costante tradizione di secoli, si sarebbe immancabilmente circondata.
Abbiamo l'esperienza dolorosa dei settanta anni che i Papi risiedettero in Avignone. Sebbene essi rimanessero vincolati a Roma, quali vescovi di Roma, e Sommi Pontefici Romani, pure la mancata residenza in Roma nocque assai al prestigio del Pontificato, e fu poi causa principale del cosidetto scisma di Occidente, durante il quale tra il 1378 e il 1439 passarono sulla scena ben sette antipapi.
4. - Nell' Antico Testamento, Dio, a salvaguardare l'unità religiosa del popolo ebraico, dispose che il centro vivificatore e motore di tutto l'ebraismo fosse concentrato in una città, Gerusalemme. Ivi infatti si trovava l'unico tempio, in cui solo era permesso l'esercizio del culto ufficiale; nel Sancta Sanctorum di quel tempio era riposta l'Arca dell' alleanza contenente le Tavole della legge, simbolo della presenza di Dio in mezzo ad Israele. Innanzi ad essa ardeva il grande candelabro dalle sette braccia, segno della luce che di là si diffondeva sul popolo. Verso quel tempio le tribù di Israele dovevano accorrere per festeggiare le grandi solennità religiose e ricevere gli oracoli divini. Ed a render salda questa unità, Dio volle che il sacerdozio destinato al servizio di questo unico tempio fosse appannaggio di una sola famiglia, la famiglia di Aronne, sicché fossero sacerdoti tutti e soli i membri discendenti da lui. Siccome tutto l'Antico Testamento fu l'ombra ed il simbolo del Nuovo, ossia della Chiesa, così Gerusalemme fu il simbolo di Roma.
Ecco perché Cristo ha scelto Roma per unica capitale del suo regno, ed il Vescovo di Roma quale unico suo Vicario, per rendere salda e sicura la suprema autorità della sua Chiesa, ancorata ad un unico ed inamovibile centro geografico, ed affidato come appannaggio inalienabile ad un unico istituto: l' episcopato romano.
Nell'epoca più tempestosa della lotta tra il Papato e l'Impero, S.Gregorio VII (1073-1085) nelle sue lettere ai Re Guglielmo d'Inghilterra, a Salomone d'Ungheria, a Sveno di Danimarca, a Sancho di Navarra, ad Alfonso di Castiglia, a Filippo I di Francia insiste nel mettere in risalto la missione di Roma, eletta da Dio a presiedere e dirigere la sua Chiesa. Perciò in quelle sue lettere chiama la Chiesa Romana: ora la Maestra Comune, ora Maestra e Signora di tutte le genti, ora Madre Universale, ora Madre di tutta la Cristianità, ora Madre di tutte le chiese. E nell'ultima lettera scritta dall'esilio di Salerno termina così: Tutti quelli che in tutto il mondo si dicono cristiani, e conoscono veramente la fede cristiana, sanno e credono che la Santa Romana Chiesa è di tutte le chiese Madre e Maestra.
E Giovanni XXIII nei nostri giorni, facendo eco alla voce del suo lontano predecessore, inizia la sua memoranda enciclica su la questione sociale con le parole di S. Gregorio VII: Mater et Magistra.
E qui quadra bene una voce dell'altra sponda, che riconosce a Roma la missione di Madre e Maestra degli uomini. È una testimonianza contemporanea.
Il Ministro Anglicano J.M.L. Thomas su l' Hibert Journal nel Luglio 1930 scrive: «Divorzio, limitazione della prole, aborto, eutanasia, suicidio, lotta di classe, capitalismo, salario, solo Roma parla su questi argomenti con voce netta, i quali involgono questioni di vita e di morte, di sopravvivenza o di collasso dell'Occidente. Questa è la suprema attrazione di Roma, la sua sfida morale alla degenerazione moderna».
Ha voluto che il Capo Supremo visibile della sua Chiesa avesse una dimora, una sede determinata permanente su un punto geografico del mondo: Roma.
Ha voluto che questo primato fosse congiunto ad una persona nettamente individuabile, cioè a colui che fosse il legittimo vescovo di Roma. Sicché il primato portasse quale attributo distintivo ed inconfondibile il nome di Roma. E con ciò si rendeva anche agevole e manifesta la trasmissione della potestà suprema, perché essa passava a colui che la Chiesa di Roma eleggeva a suo vescovo. Con questa istituzione legata ad una città particolare diventava facile a tutti ed in ogni tempo conoscere dove ritrovare il Supremo Pastore della Chiesa di Cristo.
2. - Se Pietro non avesse assunto una diocesi particolare e legato ad essa il suo primato, la successione al primato sarebbe ricaduta su tutto il corpo della Chiesa, od almeno a tutti i vescovi di essa sarebbe spettato il diritto di designare il successore.
Orbene sappiamo dalla storia, quali lotte e discordie spesso accompagnavano le elezioni dei Pontefici, sebbene ristrette nell'ambiente romano. Sono le debolezze, le passioni umane che spesso adombrano le opere di Dio affidate all'uomo. Durante il primo millennio sono i partiti del clero e del popolo, sono le prepotenze dei monarchi bizantini, sono gli interventi degli imperatori franco-germanici del Sacro Romano Impero, che fecero spesso valere la loro influenza nella designazione della persona, che doveva occupare la Cattedra di Pietro; e nel contrasto ostinato delle passioni spesso si arrivò all'elezione di antipapi.
Fino a S. Gregorio VII, 154° Papa (Anno 1073-1085), si contano 22 antipapi. Ed anche quando l'elezione del Pontefice fu riservata al ristretto cerchio dell'alto clero romano, ossia ai Cardinali, adunati nel segreto di un conclave, non si eliminarono del tutto turbamenti e contrasti, causati principalmente dalle pressioni, che i più potenti Stati d'Europa per i loro particolari interessi politici, esercitavano sopra singoli o gruppi di cardinali, sino ad attribuirsi un diritto di esclusiva per eliminare qualche candidato inviso da una eventuale elezione.
A queste nefaste influenze si deve principalmente, se alcuni conclavi si prolungarono per mesi in lotte poco edificanti, prima di arrivare all'elezione del Papa. Da questi intrighi politici derivò pure in gran parte, se dall'anno 1100 al 1439 ci furono altri 19 antipapi su 50 Papi legittimi. L'ultimo antipapa fu Amedeo VIII di Savoia col nome di Felice V.
Nel 1903 all'elezione di S. Pio X ci fu l'ultimo abuso dell'esclusiva da parte dell'Impero Austro-Ungarico contro il Cardinale Rampolla, il grande segretario di Leone XIII.
3. - Orbene se malgrado la stretta e chiusa area dell'elezione, limitata ai soli elementi romani, pure non sempre essa è rimasta chiusa all'irrompere delle passioni umane; che cosa sarebbe stato, se il Pastore Supremo senza essere indissolubilmente legato ad una sua sede personale, per la sua elezione ci fosse stato bisogno del voto di tutto l' episcopato? Le passioni nazionali, gli interessi politici, le ambizioni di prestigio, le gelosie ed i contrasti tra popolo e popolo, quanta materia avrebbero potuto fornire per inquinare i voti degli elettori!
Ma oltre alla lotta per la designazione della persona, ci sarebbe stata una gara per la scelta della sede, ove l'eletto avrebbe dovuto porre il centro normale del suo governo. E con questo sarebbe accaduto, che secondo le vicissitudini dei tempi, i predomini politici, o le preferenze dell' eletto od anche per un turno concordato tra le nazioni, il centro vitale della Chiesa sarebbe potuto emigrare da una regione all'altra, da un continente all'altro, con la perdita di quell'alone di grandezza, di venerabilità, di prestigio, di cui una sede stabile, con una costante tradizione di secoli, si sarebbe immancabilmente circondata.
Abbiamo l'esperienza dolorosa dei settanta anni che i Papi risiedettero in Avignone. Sebbene essi rimanessero vincolati a Roma, quali vescovi di Roma, e Sommi Pontefici Romani, pure la mancata residenza in Roma nocque assai al prestigio del Pontificato, e fu poi causa principale del cosidetto scisma di Occidente, durante il quale tra il 1378 e il 1439 passarono sulla scena ben sette antipapi.
4. - Nell' Antico Testamento, Dio, a salvaguardare l'unità religiosa del popolo ebraico, dispose che il centro vivificatore e motore di tutto l'ebraismo fosse concentrato in una città, Gerusalemme. Ivi infatti si trovava l'unico tempio, in cui solo era permesso l'esercizio del culto ufficiale; nel Sancta Sanctorum di quel tempio era riposta l'Arca dell' alleanza contenente le Tavole della legge, simbolo della presenza di Dio in mezzo ad Israele. Innanzi ad essa ardeva il grande candelabro dalle sette braccia, segno della luce che di là si diffondeva sul popolo. Verso quel tempio le tribù di Israele dovevano accorrere per festeggiare le grandi solennità religiose e ricevere gli oracoli divini. Ed a render salda questa unità, Dio volle che il sacerdozio destinato al servizio di questo unico tempio fosse appannaggio di una sola famiglia, la famiglia di Aronne, sicché fossero sacerdoti tutti e soli i membri discendenti da lui. Siccome tutto l'Antico Testamento fu l'ombra ed il simbolo del Nuovo, ossia della Chiesa, così Gerusalemme fu il simbolo di Roma.
Ecco perché Cristo ha scelto Roma per unica capitale del suo regno, ed il Vescovo di Roma quale unico suo Vicario, per rendere salda e sicura la suprema autorità della sua Chiesa, ancorata ad un unico ed inamovibile centro geografico, ed affidato come appannaggio inalienabile ad un unico istituto: l' episcopato romano.
Nell'epoca più tempestosa della lotta tra il Papato e l'Impero, S.Gregorio VII (1073-1085) nelle sue lettere ai Re Guglielmo d'Inghilterra, a Salomone d'Ungheria, a Sveno di Danimarca, a Sancho di Navarra, ad Alfonso di Castiglia, a Filippo I di Francia insiste nel mettere in risalto la missione di Roma, eletta da Dio a presiedere e dirigere la sua Chiesa. Perciò in quelle sue lettere chiama la Chiesa Romana: ora la Maestra Comune, ora Maestra e Signora di tutte le genti, ora Madre Universale, ora Madre di tutta la Cristianità, ora Madre di tutte le chiese. E nell'ultima lettera scritta dall'esilio di Salerno termina così: Tutti quelli che in tutto il mondo si dicono cristiani, e conoscono veramente la fede cristiana, sanno e credono che la Santa Romana Chiesa è di tutte le chiese Madre e Maestra.
E Giovanni XXIII nei nostri giorni, facendo eco alla voce del suo lontano predecessore, inizia la sua memoranda enciclica su la questione sociale con le parole di S. Gregorio VII: Mater et Magistra.
E qui quadra bene una voce dell'altra sponda, che riconosce a Roma la missione di Madre e Maestra degli uomini. È una testimonianza contemporanea.
Il Ministro Anglicano J.M.L. Thomas su l' Hibert Journal nel Luglio 1930 scrive: «Divorzio, limitazione della prole, aborto, eutanasia, suicidio, lotta di classe, capitalismo, salario, solo Roma parla su questi argomenti con voce netta, i quali involgono questioni di vita e di morte, di sopravvivenza o di collasso dell'Occidente. Questa è la suprema attrazione di Roma, la sua sfida morale alla degenerazione moderna».