IL MISTERO DI ROMA
CAPO IX
ROMA CENTRO ETERNO DELL'UNITA'
1. - La Chiesa non solo è una nel senso dello spazio, in quanto protesa a tutto l'orbe terraqueo lo compone nell'unità del suo abbraccio, ma anche nel senso del tempo, in quanto tutti i tempi scorrono dinanzi ad essa, che salda ed immutabile riassume nella sua unità il fluire perenne dei secoli.
Però è nella sua Romanità che la Chiesa dimostra l'unità della sua Ecumenicità nello spazio e nel tempo.
Questa salda ed indefettibile unità romana nello spazio e nel tempo la Chiesa la riceve dalla roccia immobile, su cui l'architetto divino, Cristo, l'ha fondata: l'autorità di Pietro permanente nel Vescovo di Roma.
Questa posizione della Chiesa è stata bene individuata da tutti i nemici di essa, che perciò da Nerone, che crocifisse Pietro, ai moderni anticlericali ed atei, per colpire la Chiesa rivolgono sempre le loro armi innanzi tutto e con maggiore accanimento contro il centro unitario di essa: il Romano Pontefice. Ma anche questo aveva previsto Cristo, il quale dicendo a Simone figlio di Giona: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa», aggiunse subito: «E le potenze dell'inferno non prevarranno su di essa». Ossia tutti gli assalti nemici si infrangeranno contro questa pietra.
2. - È stupefacente lo spettacolo degli assalti, che le potenze dell'inferno in venti secoli hanno scatenato contro il Pontificato Romano. Prima gli imperatori pagani con la spada; poi i monarchi bizantini con le lotte teologiche e le angherie politiche; poi gli imperatori del sacro romano impero con le usurpazioni del potere sacro; poi i re ed i principi dei regimi dispotici con i soprusi del cesaro-papismo; poi le rivoluzioni con le loro gesta di violenza e sopraffazione; poi l'anticlericalismo dei regimi liberali-massonici con leggi ingiuste e soffocanti; ed infine ai nostri giorni le brutali aggressioni del comunismo ateo, che mira principalmente al Papato, da esso designato come il nemico numero uno.
Ma oltre a questi assalti dall'esterno, il Pontificato Romano ha dovuto tener fronte ad innumerevoli nemici levati si contro di lui nel seno stesso della Chiesa: eresie, scismi, antipapi. Nei secoli X e XI in cui sembrava che l'Europa fosse ripiombata nell'oscurantismo e nella barbarie, anche il Papato ne risentì gli influssi nefasti. Potenti famiglie divenute arbitre dei destini di Roma, facevano e disfacevano i Papi, fino a fare eleggere con la prepotenza membri della propria famiglia, tra i quali anche giovani privi di cultura e di virtù. Lungo i secoli della loro storia più di 15 volte i Papi sono stati costretti da violenze esterne o da interni tumulti ad allontanarsi da Roma.
3. - In questa lotta secolare contro il Pontificato Romano, ci sono stati dei momenti, in cui i nemici si sono illusi di averlo annientato o almeno di averlo sospinto sul cammino della morte.
Lutero con la boria di trionfatore scrisse: «Io ho attaccato la dottrina del papato, a lui ho strappato il cuore, io non credo che il Papa risorgerà.» Alla morte di Pio VI, nel 1799 prigioniero di Napoleone a Valenza nel Delfinato, i rivoluzionari trionfanti proclamarono la morte dell'ultimo Papa. Ed il becchino chiudendo la cassa di Pio VI esclamò: «È morto l'ultimo Papa!» E lo stesso Napoleone scrivendo al Direttorio il 19 Febbraio 1797, sentenziava: «È mia opinione che Roma non possa reggersi oltre. Il vecchio meccanismo si sconquasserà da sé» [1]. E dopo la morte di Pio VI esclamava soddisfatto: «Non c'è più tiara!».
Dopo che il Papa fu spogliato dei suoi stati, fu detto e ripetuto, che presto il Papato privato del fulcro del potere civile, sarebbe scomparso dalla scena del mondo. Il Gregorovius, il famoso storico tedesco, costatando la coincidenza della caduta del potere temporale del Papa con la restaurazione dell'impero germanico nelle mani dei protestanti Hohenzollern, esultando per il duplice avvenimento, affermò che il Papato era oramai decaduto e nessuna necessità poteva più giustificarlo in mezzo alla costituzione della vita europea [2]. E lo stesso storico nell'opera Le tombe dei Papi scrive: «Verrà tempo, in cui le tombe dei Papi avranno la stessa importanza, che hanno i busti e le statue degli imperatori romani. Allora non vi sarà più Papa».
Anche Mazzini che sognava una terza Roma, la Roma del popolo, dopo la Roma pagana e la Roma cristiana, sentenziava: «Il Papato è spento, il cattolicesimo è spento!». Ed ai giorni nostri l'organo ufficiale della Società Evangelica Europea scrive: «Andando a Roma, centro del governo papale, il visitatore appena entrato nel palazzo dei Papi potrà subitamente percepire la terribile oscurità spirituale, che vi domina. Si parla in questi tempi intorno alla riunione dei cristiani con Roma; ma non c'è molto di buono nell'unirsi con un cadavere» [3].
Che sciorini simili stolte affermazioni uno che vive al di là delle Alpi o del mare, può essere compreso; ma un italiano che vive alla luce calda di Roma, non si comprende, come possa scrivere quello che ha scritto Salvatore Salvemini nel giornale l'Avanti: «Avvelenato alle sorgenti, afono nelle espressioni, l'istituto pontificio è senza seguito di popoli, senza dignità d'insegnamento, senza lustro di signoria, come uno spettrale organismo disfatto. Una grande vecchia cosa morta».
Di fronte poi all'avvenimento straordinario del Concilio ecumenico Vaticano II i gruppi illuministici della moderna cultura laica, per i quali la Chiesa Cattolica con il suo capo il Papa non è che un rudere medioevale, incapace di rinnovarsi a vita adeguata con il progresso moderno, hanno sentenziato, che il Concilio non concluderà nulla di positivo; che se poi concludesse qualcosa, ossia se riuscisse a modernizzare la Chiesa, allora sarebbe chiaro, che il vecchio rudere sarebbe stato del tutto demolito per dar luogo ad una nuova costruzione, ossia ad una nuova religione universale. Quindi secondo i rigidi schemi della tradizione laicista la Chiesa Romana sarebbe finita, perché incapace di rinnovarsi; che se poi arrivasse a rinnovarsi, sarebbe finita ugualmente, perché la rinnovata sarebbe diversa.
4. - Ma la realtà ha puntualmente smentito in pieno queste e tutte le altre lugubri profezie e constatazioni necrologiche, che sono state fatte intorno al Papato. Nerone col crocifiggere il primo Papa, nel Circo Vaticano, credette di avere annientato il cristianesimo. Di Nerone non è rimasta traccia sulla terra; invece l'area del suo Circo e dei suoi giardini è servita a base della monumentale Basilica che copre il sepolcro glorioso del primo Papa; e l' obelisco del Circo testimone della morte di lui in croce, è là di fronte alla Basilica a cantare il trionfo del povero crocifisso, che continua a vivere nei suoi successori. Perciò alla base dell'obelisco sono state scolpite le trionfali parole: Christus vincit - Christus regnat - Christus imperat. Queste parole appartengono anche al Vicario di Cristo.
Questo tragico dramma svolto tra Nerone ed il primo Pontefice Romano può essere riguardato come fatto simbolico preannunziante le vicende di tutte le future lotte, contro i successori di Pietro. Per quanto formidabili e ruinosi saranno i loro assalti, tutti i nemici senza eccezione si fracasseranno il capo contro la roccia di Pietro, e tutti finiranno a far da sgabello alla gloria del Papato. Qui giustamente si deve applicare anche al suo Vicario in terra ciò che il Salmo 110(109),1 canta di Cristo sedente alla destra del Padre: «Siedi alla mia destra, finché ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi».
Lungo i venti secoli della sua esistenza il Papato ha visto crollare regni, imperi, repubbliche, dittature, democrazie, istituzioni di ogni genere. Esso solo rimane incrollabile sul suo trono; e sebbene abbia in qualche periodo risentito l'urto delle vicende umane, esso solo però è restato al centro della storia sorpassando e dominando gli eventi; anzi esso è stato il faro luminoso, che ha proiettato la sua luce su le onde fluenti dei secoli, per indicare agli uomini la via della verità della giustizia e dell'amore.
Possiamo affermare con verità che in nessuna epoca della storia si sono avverati tanti avvenimenti, che hanno sconvolto e modificato la geografia politica del mondo, i regimi sociali e i costumi di vita dei popoli, come in questa prima metà del nostro secolo ventesimo. Ebbene tra questi sconvolgimenti mondiali, in cui tante istituzioni umane sono state travolte, solo il trono di Pietro è rimasto non solo salvo, ma il suo prestigio e la sua influenza si sono dilatati su tutti gli orizzonti della convivenza umana.
Nessun re, nessun monarca è sicuro di avere un suo successore al trono; il Papa possiede la certezza che dopo di lui un altro continuerà la sua missione nel mondo, che la sua dinastia finirà solo col tramonto dei secoli.
5. - Chesterton[4], l'anglicano convertito, canta poeticamente così la perennità del trono del Pontefice romano: «S'innalzavano in Egitto piramidi ed obelischi, ed odoravano di balsamo le sale della reggia in Eliopoli. Ma un giorno si presentò al Faraone un vecchio che gli disse: "Cedi le armi, lascia la reggia ed il regno, distruggi le città e parti per sempre". Rise il Faraone: "Vattene tu, pazzo! Tutti hanno ceduto le armi a me, io ho distrutto le loro città, i loro templi, i loro palazzi; e tu ti imponi a me? Chi sei tu? Sei forse più forte di me?". Tentennò il capo il vecchio, e disse: "lo sono più forte di te: Io sono il Tempo". Impallidì il Faraone. Lasciò il regno, fu abbattuta la reggia, e distrutte le città. Ed il vecchio si presentò una dopo l'altra a Babilonia, a Ninive, ad Atene, a Cartagine, a Roma; e tutti ubbidirono. Un giorno nel suo vagabondaggio ritornò a Roma. Ascese in Vaticano e diede lo stesso comando. Ma il Papa restò tranquillo sul suo trono, e non ubbidi. "Ma io sono il Tempo", disse il vecchio. "Ed io sono l'eternità", rispose il Papa».
E Roma è eterna, perché trono indistruttibile di questa eternità.
*****
[1] Correspondance de Napoléon par Napoléon III, 1858 pag. 449.
[2] GREGOROVlUS, Storia di Roma nel Medio Evo, vol. IV, pag. 816.
[3] European Herald, 1962.
[4] Gilbert Keith Chesterton(1874-1936)
Però è nella sua Romanità che la Chiesa dimostra l'unità della sua Ecumenicità nello spazio e nel tempo.
Questa salda ed indefettibile unità romana nello spazio e nel tempo la Chiesa la riceve dalla roccia immobile, su cui l'architetto divino, Cristo, l'ha fondata: l'autorità di Pietro permanente nel Vescovo di Roma.
Questa posizione della Chiesa è stata bene individuata da tutti i nemici di essa, che perciò da Nerone, che crocifisse Pietro, ai moderni anticlericali ed atei, per colpire la Chiesa rivolgono sempre le loro armi innanzi tutto e con maggiore accanimento contro il centro unitario di essa: il Romano Pontefice. Ma anche questo aveva previsto Cristo, il quale dicendo a Simone figlio di Giona: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa», aggiunse subito: «E le potenze dell'inferno non prevarranno su di essa». Ossia tutti gli assalti nemici si infrangeranno contro questa pietra.
2. - È stupefacente lo spettacolo degli assalti, che le potenze dell'inferno in venti secoli hanno scatenato contro il Pontificato Romano. Prima gli imperatori pagani con la spada; poi i monarchi bizantini con le lotte teologiche e le angherie politiche; poi gli imperatori del sacro romano impero con le usurpazioni del potere sacro; poi i re ed i principi dei regimi dispotici con i soprusi del cesaro-papismo; poi le rivoluzioni con le loro gesta di violenza e sopraffazione; poi l'anticlericalismo dei regimi liberali-massonici con leggi ingiuste e soffocanti; ed infine ai nostri giorni le brutali aggressioni del comunismo ateo, che mira principalmente al Papato, da esso designato come il nemico numero uno.
Ma oltre a questi assalti dall'esterno, il Pontificato Romano ha dovuto tener fronte ad innumerevoli nemici levati si contro di lui nel seno stesso della Chiesa: eresie, scismi, antipapi. Nei secoli X e XI in cui sembrava che l'Europa fosse ripiombata nell'oscurantismo e nella barbarie, anche il Papato ne risentì gli influssi nefasti. Potenti famiglie divenute arbitre dei destini di Roma, facevano e disfacevano i Papi, fino a fare eleggere con la prepotenza membri della propria famiglia, tra i quali anche giovani privi di cultura e di virtù. Lungo i secoli della loro storia più di 15 volte i Papi sono stati costretti da violenze esterne o da interni tumulti ad allontanarsi da Roma.
3. - In questa lotta secolare contro il Pontificato Romano, ci sono stati dei momenti, in cui i nemici si sono illusi di averlo annientato o almeno di averlo sospinto sul cammino della morte.
Lutero con la boria di trionfatore scrisse: «Io ho attaccato la dottrina del papato, a lui ho strappato il cuore, io non credo che il Papa risorgerà.» Alla morte di Pio VI, nel 1799 prigioniero di Napoleone a Valenza nel Delfinato, i rivoluzionari trionfanti proclamarono la morte dell'ultimo Papa. Ed il becchino chiudendo la cassa di Pio VI esclamò: «È morto l'ultimo Papa!» E lo stesso Napoleone scrivendo al Direttorio il 19 Febbraio 1797, sentenziava: «È mia opinione che Roma non possa reggersi oltre. Il vecchio meccanismo si sconquasserà da sé» [1]. E dopo la morte di Pio VI esclamava soddisfatto: «Non c'è più tiara!».
Dopo che il Papa fu spogliato dei suoi stati, fu detto e ripetuto, che presto il Papato privato del fulcro del potere civile, sarebbe scomparso dalla scena del mondo. Il Gregorovius, il famoso storico tedesco, costatando la coincidenza della caduta del potere temporale del Papa con la restaurazione dell'impero germanico nelle mani dei protestanti Hohenzollern, esultando per il duplice avvenimento, affermò che il Papato era oramai decaduto e nessuna necessità poteva più giustificarlo in mezzo alla costituzione della vita europea [2]. E lo stesso storico nell'opera Le tombe dei Papi scrive: «Verrà tempo, in cui le tombe dei Papi avranno la stessa importanza, che hanno i busti e le statue degli imperatori romani. Allora non vi sarà più Papa».
Anche Mazzini che sognava una terza Roma, la Roma del popolo, dopo la Roma pagana e la Roma cristiana, sentenziava: «Il Papato è spento, il cattolicesimo è spento!». Ed ai giorni nostri l'organo ufficiale della Società Evangelica Europea scrive: «Andando a Roma, centro del governo papale, il visitatore appena entrato nel palazzo dei Papi potrà subitamente percepire la terribile oscurità spirituale, che vi domina. Si parla in questi tempi intorno alla riunione dei cristiani con Roma; ma non c'è molto di buono nell'unirsi con un cadavere» [3].
Che sciorini simili stolte affermazioni uno che vive al di là delle Alpi o del mare, può essere compreso; ma un italiano che vive alla luce calda di Roma, non si comprende, come possa scrivere quello che ha scritto Salvatore Salvemini nel giornale l'Avanti: «Avvelenato alle sorgenti, afono nelle espressioni, l'istituto pontificio è senza seguito di popoli, senza dignità d'insegnamento, senza lustro di signoria, come uno spettrale organismo disfatto. Una grande vecchia cosa morta».
Di fronte poi all'avvenimento straordinario del Concilio ecumenico Vaticano II i gruppi illuministici della moderna cultura laica, per i quali la Chiesa Cattolica con il suo capo il Papa non è che un rudere medioevale, incapace di rinnovarsi a vita adeguata con il progresso moderno, hanno sentenziato, che il Concilio non concluderà nulla di positivo; che se poi concludesse qualcosa, ossia se riuscisse a modernizzare la Chiesa, allora sarebbe chiaro, che il vecchio rudere sarebbe stato del tutto demolito per dar luogo ad una nuova costruzione, ossia ad una nuova religione universale. Quindi secondo i rigidi schemi della tradizione laicista la Chiesa Romana sarebbe finita, perché incapace di rinnovarsi; che se poi arrivasse a rinnovarsi, sarebbe finita ugualmente, perché la rinnovata sarebbe diversa.
4. - Ma la realtà ha puntualmente smentito in pieno queste e tutte le altre lugubri profezie e constatazioni necrologiche, che sono state fatte intorno al Papato. Nerone col crocifiggere il primo Papa, nel Circo Vaticano, credette di avere annientato il cristianesimo. Di Nerone non è rimasta traccia sulla terra; invece l'area del suo Circo e dei suoi giardini è servita a base della monumentale Basilica che copre il sepolcro glorioso del primo Papa; e l' obelisco del Circo testimone della morte di lui in croce, è là di fronte alla Basilica a cantare il trionfo del povero crocifisso, che continua a vivere nei suoi successori. Perciò alla base dell'obelisco sono state scolpite le trionfali parole: Christus vincit - Christus regnat - Christus imperat. Queste parole appartengono anche al Vicario di Cristo.
Questo tragico dramma svolto tra Nerone ed il primo Pontefice Romano può essere riguardato come fatto simbolico preannunziante le vicende di tutte le future lotte, contro i successori di Pietro. Per quanto formidabili e ruinosi saranno i loro assalti, tutti i nemici senza eccezione si fracasseranno il capo contro la roccia di Pietro, e tutti finiranno a far da sgabello alla gloria del Papato. Qui giustamente si deve applicare anche al suo Vicario in terra ciò che il Salmo 110(109),1 canta di Cristo sedente alla destra del Padre: «Siedi alla mia destra, finché ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi».
Lungo i venti secoli della sua esistenza il Papato ha visto crollare regni, imperi, repubbliche, dittature, democrazie, istituzioni di ogni genere. Esso solo rimane incrollabile sul suo trono; e sebbene abbia in qualche periodo risentito l'urto delle vicende umane, esso solo però è restato al centro della storia sorpassando e dominando gli eventi; anzi esso è stato il faro luminoso, che ha proiettato la sua luce su le onde fluenti dei secoli, per indicare agli uomini la via della verità della giustizia e dell'amore.
Possiamo affermare con verità che in nessuna epoca della storia si sono avverati tanti avvenimenti, che hanno sconvolto e modificato la geografia politica del mondo, i regimi sociali e i costumi di vita dei popoli, come in questa prima metà del nostro secolo ventesimo. Ebbene tra questi sconvolgimenti mondiali, in cui tante istituzioni umane sono state travolte, solo il trono di Pietro è rimasto non solo salvo, ma il suo prestigio e la sua influenza si sono dilatati su tutti gli orizzonti della convivenza umana.
Nessun re, nessun monarca è sicuro di avere un suo successore al trono; il Papa possiede la certezza che dopo di lui un altro continuerà la sua missione nel mondo, che la sua dinastia finirà solo col tramonto dei secoli.
5. - Chesterton[4], l'anglicano convertito, canta poeticamente così la perennità del trono del Pontefice romano: «S'innalzavano in Egitto piramidi ed obelischi, ed odoravano di balsamo le sale della reggia in Eliopoli. Ma un giorno si presentò al Faraone un vecchio che gli disse: "Cedi le armi, lascia la reggia ed il regno, distruggi le città e parti per sempre". Rise il Faraone: "Vattene tu, pazzo! Tutti hanno ceduto le armi a me, io ho distrutto le loro città, i loro templi, i loro palazzi; e tu ti imponi a me? Chi sei tu? Sei forse più forte di me?". Tentennò il capo il vecchio, e disse: "lo sono più forte di te: Io sono il Tempo". Impallidì il Faraone. Lasciò il regno, fu abbattuta la reggia, e distrutte le città. Ed il vecchio si presentò una dopo l'altra a Babilonia, a Ninive, ad Atene, a Cartagine, a Roma; e tutti ubbidirono. Un giorno nel suo vagabondaggio ritornò a Roma. Ascese in Vaticano e diede lo stesso comando. Ma il Papa restò tranquillo sul suo trono, e non ubbidi. "Ma io sono il Tempo", disse il vecchio. "Ed io sono l'eternità", rispose il Papa».
E Roma è eterna, perché trono indistruttibile di questa eternità.
*****
[1] Correspondance de Napoléon par Napoléon III, 1858 pag. 449.
[2] GREGOROVlUS, Storia di Roma nel Medio Evo, vol. IV, pag. 816.
[3] European Herald, 1962.
[4] Gilbert Keith Chesterton(1874-1936)